Approvata al Congresso dell’Unione Camere Penali, che oggi si conclude a Pescara, la mozione della Camera penale di Roma in tema di esecuzione penale, una questione al centro di molti interventi fatti durante la tre giorni di dibattito. Infatti c’è molta preoccupazione perché la nuova maggioranza parlamentare e il Governo che sarà potrebbero decidere di non occuparsi del carcere o fare passi indietro rispetto ai (pochi) fatti dalla riforma Cartabia e dalle neo circolari del Dap. E allora che fare? «Emanare provvedimenti di amnistia e indulto». «Spetta a noi - hanno scritto i penalisti capitolini nella mozione illustrata dall'avvocato Giuseppe Belcastro del direttivo della Camera penale - la ricerca di una nuova valorizzazione delle questioni che afferiscono l'Ordinamento Penitenziario e, più in generale, il mondo del carcere, perchè siamo noi Avvocati a toccare con mano il disastro umanitario e giuridico in cui è sprofondato l’universo carcerario e l’ordine di istituzioni che vi si dedica; la pochezza di mezzi dei tribunali di sorveglianza, la trascuratezza statale sul tema del trattamento e del reclutamento di sufficienti figure assistenziali della rieducazione inframuraria costituiscono l’agenda quotidiana delle Commissioni delle singole Camere Penali e dell'Osservatorio nazionale». Non poteva non mancare nella mozione il riferimento al dramma dei suicidi: «E non vi è da stupirsi se una cornice così desolante - che ha assunto talvolta anche le tinte fosche di una cella di contenimento avulsa dalle regole di civiltà della sistemazione di un detenuto, come abbiamo denunciato pubblicamente nell’estate di quest’anno - diventa l’orizzonte di uno spaventoso numero di suicidi tra la popolazione carceraria: erano 58 la mattina del 3 settembre scorso, quando Nessuno Tocchi Caino ci invitò a sostenere Rita Bernardini nel suo digiuno di protesta; sono 65 oggi». Né per chi sopravvive le cose vanno meglio. «L'aggravarsi di malattie non curate tempestivamente, gli episodi drammatici di violenza gratuita ed efferata esercitata contro i detenuti, i ritardi disastrosi della giurisdizione di sorveglianza che devastano le legittime attese dei richiedenti, la disattenzione pressoché totale alle problematiche di genere, con particolare riferimento alle persone in transizione sessuale che si vedono negare ogni diritto, restando vittime di una condizione di oggettiva discriminazione, sono solo alcune delle brutture che affliggono il sistema. Per non dire dell’abbandono di ogni discussione pubblica sull’affettività in carcere, argomento che vent’anni fa sembrava essere a un passo da una definizione in termini di umanità e di modernità e oggi è stato accantonato come polvere sotto il tappeto. Il tutto mentre i migliori giuristi, la psichiatria più accreditata, la sociologia italiana e straniera, addirittura la più autorevole dottrina filosofica del diritto ne avalla la centralità nel recupero di una forma primaria di collegamento tra detenuto e società civile». A causa di questo scenario la Camera Penale di Roma ha chiesto alla Giunta UCPI, che ha fatto propria la mozione, non solo di «promuovere azioni politiche che impegnino formalmente il Ministro della Giustizia a realizzare ogni intervento adeguato, e in tempi rapidi, per la riorganizzazione finalistica del trattamento detentivo, con una straordinaria sessione governativa, per la rimessa in funzione dei tribunali di sorveglianza e con adeguati innesti di personale giudicante e amministrativo, ma soprattutto, in concomitanza con quest’ambiziosa sollecitazione riformatrice» ma soprattutto di insieme e a tutte le Camere Penali Italiane «reclamare al nuovo Parlamento la ormai ineludibile emanazione di un provvedimento di amnistia e indulto, riportando nell’agenda politica questi strumenti deflattivi unici in grado di alleggerire con l’immediatezza che la drammaticità del momento richiede la situazione di gravissima illegalità nella quale versa il sistema».