Abbiamo letto con la dovuta attenzione il comunicato con cui la Giunta Esecutiva di Anm, sezione Lazio, ha ritenuto di replicare all’articolo, pubblicato su Il Dubbio dello scorso 11 aprile con il quale stigmatizzavamo le parole della ex facente funzioni di Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma, secondo la quale il beneficio della liberazione anticipata avrebbe l’effetto di “neutralizzare le condanne faticosamente ottenute”.

Rassicuriamo i nostri interlocutori – anch’essi, peraltro, evidentemente dubbiosi circa l’opportunità delle dichiarazioni rilasciate dalla magistrata – sul fatto che nessun intento di aggressione, men che meno personale, ha animato la nostra presa di posizione, avendo noi avvertito l’obbligo di stigmatizzare l’inappropriatezza del commento, specie perché proveniente da chi svolge la funzione di magistrato di sorveglianza e ha svolto nel recente passato le funzioni di presidente di quel Tribunale.

Non possiamo quindi che ribadire con pacata fermezza tutto quanto abbiamo scritto circa le parole della dottoressa Stefanelli.

Non comprendiamo, invece, cosa tutto ciò abbia a che spartire con la carenza di organico del Tribunale a cui Anm – finalmente eco delle ripetute richieste di intervento di questa Camera Penale – fa riferimento, essendo invece sin troppo evidente che la condizione delle carceri trarrebbe certo giovamento dall’intervento legislativo ingenerosamente criticato; come pure é evidente che l’acrobatico riferimento ai pericoli che la nostra presa di posizione susciterebbe ha il sapore di un escamotage per spostare l’attenzione.

Non siamo noi avvocati a sfuggire alla “normale dialettica processuale”, tanto meno a quella “culturale”, mentre, come i fatti recenti dimostrano impietosamente, la delegittimazione della magistratura ha altre origini e trova anzi nel libero Foro i migliori sforzi in senso contrario.

Quanto all’accusa che ci viene rivolta di aver lanciato un avvertimento essa è talmente vacua da non meritare risposta se non quella che la nostra storia dimostra: che non siamo adusi a contegni di questa fatta. Continuiamo a praticare una ragionata e attenta fiducia nello spirito di rinnovamento della stessa magistratura, ma non intendiamo tacere su fatti così rilevanti, né sentiamo il bisogno che ci si spieghi come affrontarli.

Raccogliamo dunque volentieri l’invito ad un dialogo sereno, la cui premessa però non può che essere la assoluta franchezza e la perfetta parità ideale delle reciproche posizioni, in un ambito in cui i toni della critica si misurano esclusivamente in base all’importanza dei vitali interessi che sono in gioco.

*Per il Direttivo della Camera Penale di Roma

il Presidente Gaetano Scalise