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«Ci sono difficoltà che non si possono spiegare con una crisi reddituale, contraddetta oltretutto dal rapporto di Cassa forense. Le incertezze che incombono sulla nostra professione, e in particolare sui giovani e ancor più sulle avvocate, hanno motivi diversi. Legati alla crisi della giustizia. Ed è contro la perdita di riferimenti del sistema giustizia che dobbiamo impegnarci». Francesco Greco lo dice nel crocevia decisivo dell’intervento con cui introduce la due giorni promossa a Cagliari dal Cnf con l’Ordine del capoluogo sardo.
L’evento è concepito per favorire l’incontro fra Consiglio nazionale e istituzioni forensi dell’Isola, ed è intitolato in modo da abbracciare il presente e il futuro della professione nel modo più trasversale possibile: “Dialoghi su avvocatura, giustizia e futuro”, appunto. Domani i lavori proseguiranno dalle 9 con una seconda giornata intensissima, scandita da ben quattro tavole rotonde (in altra parte del giornale è pubblicata la locandina con l’elenco completo degli interventi, ndr) alle quali, con i rappresentanti nazionali e regionali della professione forense, interverranno anche magistrati, professori e vertici locali dei Corpi dello Stato.
Oggi, dopo i presidenti del Coa di Cagliari, Matteo Pinna, dell’Unione Regionale delle Curie della Sardegna, Carlo Selis e appunto del Cnf Francesco Greco, hanno provveduto a presentare le aree tematiche i consiglieri Cnf competenti per ciascuna materia, a partire dai componenti del Consiglio di presidenza di via del Governo vecchio.
In particolare, la vicepresidente Patrizia Corona ha descritto le numerose novità deontologiche e relative al procedimento disciplinare inserite nella proposta di riforma della legge forense, il vicepresidente Francesco Napoli, a cui si deve l’iniziativa che ha portato alla due giorni di Cagliari, ha descritto le modifiche riguardanti l’accesso alla professione, mentre il tesoriere Donato Di Campli si è occupato degli interventi messi a punto per regolare le modalità di esercizio dell’attività legale.
Si è partiti dalla domanda retorica rivolta da Greco ai tanti consiglieri degli Ordini sardi accorsi nella biblioteca “Aldo Marongiu”, al quarto piano del Palazzo di Giustizia: «Può da sola la legge professionale sciogliere i nodi che ci riguardano? No, naturalmente non può farlo», è la risposta che il vertice di via del Governo vecchio dà in anticipo, «ma può aiutarci a guardare al futuro, soprattutto per il richiamo ad alcuni principi essenziali. Più di ogni altra cosa, la proposta di riforma forense, definita dai tavoli post-congressuali in modo partecipato e condiviso, e ora fatta propria dal governo, sancisce il nostro ruolo, insostituibile, di presidio della democrazia, di custodi della libertà e di unici veri garanti dei diritti».
«Ma proprio questa consapevolezza deve darci la forza», sostiene il presidente del Cnf, «di batterci per superare la vera crisi, da cui hanno origine anche le difficoltà della nostra professione. Mi riferisco alla crisi della giustizia. Sono convinto che la chiave consista nel correggere la riforma Cartabia, in particolare nella parte che ci ha allontanato dalle aule dei tribunali, ha cosi negato ai cittadini di verificare come si compie davvero la tutela dei loro interessi e ha trasferito a molti di noi, soprattutto alle giovani colleghe, un senso di smarrimento e di sfiducia».
Preludio delle parole di Greco è il discorso d’apertura del presidente del Coa di Cagliari Pinna, che parte da questioni molto concrete. «È importante che l’incontro fra l’avvocatura della Sardegna e il Consiglio nazionale avvenga in un momento come questo, certamente non facile, nell’Isola, per la professione. Soprattutto i Fori più piccoli, penso a Lanusei ma anche a Nuoro, soffrono di carenze molto gravi, sia nell’organico della magistratura che in quello del personale amministrativo. Da poco il Coa nuorese ha deliberato l’astensione: uniti facciamo appello a tutte le risorse, a tutte le energie possibili».
«Ma i problemi che in prospettiva ci attendono», ricorda il vertice dell’Ordine forense cagliaritano, «sono persino più complicati, visto che già l’impatto dell’intelligenza artificiale rischia, nei prossimi anni, di stravolgere la giustizia». C’è solo un modo, avverte però Pinna, per essere all’altezza di sfide del genere: «Affrontare ogni questione con approccio laico, aperto. Chiudersi non serve. È col dialogo che si trovano soluzioni efficaci. È avvenuto, mi sembra, nella scrittura della proposta per la nuova legge professionale: non si può sostenere che il testo sia frutto di un confronto non abbastanza democratico. Anzi sarebbe paradossale se, dopo un mandato congressuale e una dialettica che ha saputo rispettarlo con tanta coerenza, si incoraggiasse il Parlamento a stravolgere il quadro disegnato dall’avvocatura».
Pinna conclude con il riferimento al modello realizzato nella due giorni di Cagliari, il «dialogo», appunto, «fra centro e periferia, fra istituzioni forensi della regione e Consiglio nazionale». È il valore apprezzato anche dal presidente dell’Unione regionale delle Curie della Sardegna, Selis: il quale torna sui «problemi strutturali, avvertiti soprattutto nei Fori più piccoli, che però non possono essere considerati di serie B rispetto al resto dell’avvocatura, come non hanno meno diritti i cittadini che in quei territori vivono», ricorda. Selis si compiace per «la presenza del Consiglio nazionale qui nell’isola, che sappiamo essere non solo simbolica: per noi è importante avere dalla nostra parte, nelle difficoltà e negli sforzi compiuti per superarle, l’intera avvocatura».
Ed è il dato politico che sembra ispirare quest’incontro a Cagliari: unire le forze della professione per sciogliere nodi intricati, che, come dice Greco, riguardano non solo l’avvocatura ma l’intero sistema giustizia. E certo, se le istituzioni del mondo forense riuscissero a indicare a tutti la via d’uscita dalle contraddizioni generali, quella valenza di «presidio della democrazia» evocata oggi a Palazzo di Giustizia troverebbe la più incontestabile conferma.