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MIGRANTI
Il diritto a un ricorso effettivo e la centralità delle garanzie fondamentali della Carta europea dei diritti non possono essere messi da parte, nemmeno quando si tratta di gestione dei flussi migratori. È quanto ha ribadito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in una sentenza che chiarisce i limiti e le modalità con cui gli Stati membri possono designare i cosiddetti Paesi di origine sicuri.
A commentare il pronunciamento, atteso da tempo, è la Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi), che già in precedenza aveva sollevato dubbi sulla rigidità del sistema. «La Corte – spiegano i penalisti – ha confermato che la lista dei Paesi sicuri può essere definita a livello nazionale, ma la decisione deve basarsi su fonti accessibili, verificabili e sempre contestabili nel contraddittorio processuale».
Ciò significa, spiegano dall’Ucpi, che un migrante ha sempre il diritto di impugnare l'inserimento del proprio Paese nella lista e che il giudice nazionale deve poter valutare con pienezza la fondatezza della designazione. Le scelte legislative, ribadiscono i penalisti, non sono immuni da controllo quando sono in gioco diritti essenziali.
Una sentenza, dunque, che conferma le basi dello Stato di diritto, ma che secondo l’Ucpi rivela anche un paradosso tutto italiano: «Mentre l’Unione riconosce il diritto al ricorso a tutela dei migranti – sottolineano i penalisti – nessuna tutela effettiva viene garantita alle persone detenute nelle carceri italiane, spesso costrette a vivere in condizioni di sovraffollamento, inumane e degradanti».
L’accusa è netta: né la politica né la magistratura sembrano attivarsi per affrontare una crisi che, nonostante le continue denunce, resta sistemica e strutturale. Eppure, secondo i penalisti, gli strumenti giuridici per intervenire ci sarebbero, anche alla luce dei principi ribaditi proprio dalla Corte di Giustizia UE.
Un doppio binario che, secondo l’Ucpi, mostra l’ipocrisia di un sistema capace di rivendicare diritti in ambito europeo, ma sordo e immobile rispetto alle violazioni che si consumano quotidianamente all’interno degli istituti penitenziari italiani.