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SARA MINELLI
È bufera nell’avvocatura per le parole del deputato di Avs, Francesco Emilio Borrelli, contro l’avvocato napoletano, suo concittadino, Rosario Marsico, iscritto alla Camera penale di Napoli.
Qualche giorno fa i due si sono incontrati per caso a Via Medina. «Lei è avvocato? – urla Borrelli – Casomai difende qualche bel camorrista? Orgoglioso di essere alternativo a lei! Perché non dice chi difende? Casomai qualche clan, la feccia di Napoli. Voi siete tutti uguali, odiate chi difende la legalità. Lei si dovrebbe vergognare. Siete simili a quelli che difendete: arroganti, prepotenti e odiate la legalità». Il tutto prosegue in un altro video: «La Camera penale di Napoli è una associazione che si occupa legittimamente di difendere molti reati di camorra. È gente che ha a che fare con la camorra. Io non ce l’ho con tutti gli avvocati penalisti ma con la Camera penale di Napoli che da sempre combatte contro le mie battaglie di legalità, affiancando chiunque, pure un trafficante internazionale di stupefacenti, pur di combattere le mie battaglie. Io contesto quegli avvocati penalisti che hanno fatto la loro fortuna assistendo solo i camorristi. Vengono chiamati “avvocati di Camorra”». Borrelli infine, leggendo un messaggio arrivato in diretta Facebook ha detto: «Questo avvocato avrebbe costruito una rete all’interno della procura. Andrò fino in fondo a questa storia».
«Questa ultima affermazione è di una gravità inaudita e profondamente diffamatoria, lontanissima dalla mia cifra professionale – ci spiega Marsico -. Agirò in tutte le sedi, per verificare anche l’origine di tali affermazioni riferite da Borrelli. Inoltre vorrei ribadire che in procura e in Tribunale tutti conoscono la mia correttezza e quando non difendo i camorristi assisto tanti tipi di clienti, anche persone maltrattate da uomini, come difensore di parte civile. Sono arrivati a prendere di mira anche mia moglie, con epiteti sgradevolissimi, sotto il post di Borrelli. Vorrei dire a tutti che mia moglie è una civilista pura e nulla ha a che fare con la Camera penale».
Ascoltando e leggendo quelle parole si capisce immediatamente che nella testa del deputato Borrelli c’è stato un pericoloso cortocircuito: l’avvocato assimilato al suo assistito camorrista diviene anch’esso un camorrista. Al deputato Borrelli vogliamo ricordare quanto disse il famoso avvocato francese Jacques Verges: «Je ne suis pas l’avocat de la terreur, mais l’avocat des terroristes. Hippocrate disait: "Je ne soigne pas la maladie, je soigne le malade". C’est pour vous dire que je ne défends pas le crime mais la personne qui l’a commis».
Ma anche quanto scrisse Ettore Randazzo in “L’avvocato e la verità”: «Secondo i più, gli avvocati sono spregiudicati, arruffoni, intrufolati, di riffa o di raffa, in tutti i centri di potere, e comunque - servili od arroganti - sempre inaffidabili, ma sventuratamente insostituibili nel sistema giudiziario». O quanto ci disse in una intervista l’avvocato e Accademico dei Lincei Tullio Padovani: «L’avvocato è un termometro della libertà. Gli avvocati purtroppo vengono percepiti come degli ostacoli alla giustizia, che invocano privilegi, diritti e tecnicismi per escludere prove importanti, per nascondere la verità, e per trarre profitto, ma in realtà hanno una immensa funzione sociale».
Immediata, comunque, la reazione della Camera penale di Napoli, presieduta da Marco Muscariello, alle frasi di Borrelli: «Preso atto delle gravi espressioni utilizzate da un parlamentare della Repubblica, palesemente lesive della dignità e dell’immagine dell’intera categoria degli avvocati, in particolare dei penalisti e della nostra associazione, dopo aver informato il Consiglio dell’Ordine e l’Ucpi, abbiamo convocato un direttivo urgente al fine di deliberare l’adozione di ogni e più opportuna iniziativa a tutela della classe e del diritto costituzionale alla difesa». Abbiamo raccolto anche il parere del presidente del Coa di Napoli, Carmine Foreste: «A seguito delle numerose e circostanziate segnalazioni pervenute in merito alle gravi espressioni utilizzate» da Borrelli «a danno della classe forense, la questione sarà posta all’Ordine del Giorno del Consiglio» che si terrà mercoledì «al fine di adottare le opportune e conseguenti determinazioni a tutela della dignità e dell’immagine dell’Avvocatura».
Al di là di questo, ci dice anche Foreste, «la misura ormai è colma. Già in passato l’onorevole Borrelli aveva mosso pesanti accuse alla categoria. Adesso basta, non si possono più accettare simili affermazioni. Non è più tollerabile che un avvocato venga accusato nell’esercizio della sua funzione che è costituzionalmente garantita, come dovrebbe sapere un deputato della Repubblica. Offendere un avvocato (al di là della sua appartenenza ad una specifica categoria o associazione) perché esercita il diritto di difesa significa offendere l’intera categoria, la Costituzione e il ruolo che assegna a tutti noi».
Sulla questione è intervenuto anche il presidente del Coa di Milano, Antonino La Lumia: «Si potrebbe definire folklore politico. No: è l’ennesimo campanello d’allarme. È il segno di una deriva pericolosa, in cui si scambia la giustizia per un ring e la difesa per un marchio d’infamia. La questione è semplice: in uno Stato di diritto, l’avvocato non è il presunto reato del suo assistito». Anche il Movimento Forense ha espresso «profonda preoccupazione» e ha auspicato che «le competenti sedi, incluse quelle parlamentari, valutino con attenzione la gravità delle dichiarazioni espresse». A stigmatizzare le dichiarazioni di Borrelli anche l’Ocf: «Le esternazioni sono state così plateali e reiterate da non lasciare dubbio alcuno sulla gravità di quanto asserito, ancora maggiore in ragione del ruolo ricoperto».


