Di accesso alla professione forense si occupa certamente la complessiva riforma ordinamentale proposta dall’avvocatura, fatta propria dal governo e ora all’esame della commissione Giustizia di Montecitorio. Ma proprio al ddl delega firmato dal guardasigilli Carlo Nordio è stato abbinato uno specifico testo sui percorsi per diventare avvocato, depositato dal deputato ( anche lui avvocato) Devis Dori, di Avs. «Sì, quando la settimana prossima inizieranno le audizioni, si discuterà sia della legge delega che del ddl a mia prima firma con cui mi occupo esclusivamente dell’accesso alla professione, cioè del praticantato e dell’esame di Stato», spiega Dori.

E sarà possibile approfondire entrambi in modo da arrivare presto ai decreti legislativi?

Ci sono, a mio parere, tutti i margini per poter recepire, in fase emendativa, le proposte contenute nel mio ddl, sempre che ci sia la volontà politica della maggioranza. Nell’elaborare il mio articolato, sono partito dal testo reso pubblico in primavera dal Cnf, in particolare dagli articoli dal 62 al 69, apportando però correttivi. Propongo di tornare, per l’esame, a una sola prova scritta, l’atto giudiziario, anziché prevedere le due prove proposte dal ddl governativo. Il Cnf, in effetti, aveva proposto un solo scritto: si tratterebbe di recepire la versione originaria dell’avvocatura.

Lei suggerisce modifiche che tendono ad agevolare il più possibile i percorsi di accesso.

Sì: nel mio ddl la durata della scuola forense si riduce a 12 mesi, dagli attuali 18. Il tirocinio di 18 mesi può essere avviato in qualsiasi momento dell’anno, ma c’è un disallineamento fra l’inizio del tirocinio e le finestre semestrali d’iscrizione alle scuole, col rischio che il praticante completi il tirocinio ma non possa accedere all’esame di Stato. Riguardo all’università, prevedo di estendere agli studenti fuori corso il semestre anticipato del tirocinio, in modo da subordinarlo comunque al completamento degli esami e in attesa della discussione della tesi. La Cassazione ha dato una lettura restrittiva della legge professionale del 2012: ha previsto l’anticipazione del semestre solo per chi è in corso. E a proposito di parità, propongo la gratuità delle scuole forensi per i praticanti con reddito inferiore a una soglia Isee da predeterminare, e da aggiornare biennalmente da parte del Cnf. Sia il ddl Nordio sia l’originario testo elaborato da tutta l’avvocatura ai tavoli istituti al Cnf parlano genericamente di sostenibilità economica. Io credo che per rendere effettivo il criterio vada precisato che almeno le scuole dei Coa siano gratuite per chi ha redditi bassi. L’accesso non può essere subordinato al censo.

E come interverrebbe sull’esame?

Con una valutazione basata su griglie oggettive che traducano in numeri i criteri e i parametri indicati genericamente nel ddl governativo. Ma anche col ripristino del Diritto internazionale privato come materia opzionale agli orali e con l’estrazione della lettera alfabetica d’inizio della prova orale in concomitanza con la pubblicazione degli esiti dello scritto.

E sulla questione del compenso per i praticanti?

Nel ddl a mia firma prevedo un compenso minimo. La legge delega non ne parla, mentre la proposta del Cnf prevedeva un compenso dopo i primi 6 mesi. Io propongo di introdurre un vero e proprio diritto al compenso sin dal primo giorno di pratica, da comunicare al Coa di appartenenza da parte dell’avvocato presso cui il praticante svolge il tirocinio.

Ma in generale la ratio della sua proposta è legata al crollo degli iscritti all’esame e al rischio che il numero degli avvocati possa ridursi persino più di quanto forse sarebbe anche auspicabile per una migliore distribuzione del reddito?

Il Rapporto sull’avvocatura 2025 di Cassa forense e Censis evidenzia dinamiche strutturali preoccupanti: l’età media degli iscritti continua ad aumentare e la presenza dei giovani nella professione è in costante calo. Il dato più critico riguarda i redditi degli avvocati under 35, inferiori in media ai 15mila euro annui, e in molte aree del Paese addirittura al di sotto della soglia di sussistenza. La carriera forense risulta spesso insostenibile, senza un supporto familiare. Quasi la metà dei giovani avvocati valuta l’uscita dalla professione entro pochi anni, e sempre meno neolaureati scelgono d’iniziare il tirocinio.

Il che è legato anche al ritorno dei concorsi.

Ma l’accesso alla professione è costruito su un percorso lungo, frammentato, privo di tutele economiche, con scarsa sinergia tra università, tirocinio, formazione teorica, e senza garanzie reddituali. Ne deriva l’allontanamento progressivo dei giovani dalla professione, con impoverimento del ricambio generazionale e perdita di competenze preziose per il sistema giustizia. Il mio ddl affronta credo efficacemente queste criticità. L’intero percorso è concepito per essere rigoroso ma equo, finalizzato a selezionare i migliori non sulla base della resistenza alla precarietà ma valorizzandone le capacità reali. La qualità della professione si costruisce con percorsi coerenti e integrati. D’altronde credo vi sia un più generale disagio: un terzo degli avvocati valuta l’abbandono della professione, oltre il 60% fatica a conciliare vita e lavoro, circa due terzi dichiarano redditi inferiori a 35mila euro. È chiaro che i giovani, più esposti alla precarietà, sono i più colpiti: in alcune Corti d’appello inizia a essere difficile trovare praticanti. L’obiettivo non è abbassare la qualità ma rimettere al centro il merito, la dignità e la sostenibilità del percorso per diventare avvocato. È la sola via per avere una professione all’altezza delle sfide della giustizia e capace di attrarre nuove generazioni di legali motivati e competenti.