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AVVOCATI
Ci sono stati tempi così difficili, per il diritto e le garanzie penali, che evocarli ora sembra anacronistico. Eppure sono tempi tutt’altro che remoti. Ci si riferisce, per esempio, al provvedimento con cui, a fine 2019, l’allora guardasigilli Alfonso Bonafede abolì la prescrizione dopo la condanna in primo grado. Una legislatura fa. Si trattò di un tornante complicatissimo, tanto che neppure l’avvento a via Arenula di una costituzionalista del calibro di Marta Cartabia riuscì a correggere completamente la rotta. E ancora oggi un residuo di quell’assurdità persiste nell’ordinamento, seppur parzialmente stemperato dall’improcedibilità introdotta appunto dall’ex ministra.
Ecco, negli anni complicati e dimenticabili del blocca-prescrizione, l’Unione Camere penali, con il Cnf e l’avvocatura in generale, si è battuta con generosa dedizione, e oggi il quadro è molto cambiato: il ritorno alla prescrizione sostanziale è vicino, è stato davvero proibito l’utilizzo delle intercettazioni in cui il difensore comunica con l’assistito, ha completato il primo giro di boa la sacrosanta separazione delle carriere, sono state definitivamente approvate nuove norme garantiste, prima nella riforma penale di Cartabia e poi nel ddl Nordio, dalla nuova regola dell’udienza preliminare all’interrogatorio preventivo di garanzia. I penalisti italiani raccolgono il frutto di un lavoro incessante, culminato con la raccolta firme del 2017 per la prima vera legge sul divorzio giudici-pm, oggi la sola riforma costituzionale in cui l’attuale maggioranza creda davvero. Ma poiché il diritto penale è un campo di battaglia sconfinato, e visto che, nel nostro Paese, sul ricorso alla sanzione e alla repressione, dal terrorismo alla mafia stragista, il potere ha consumato ogni possibile alibi, il muro non è crollato del tutto: resiste ancora il lato oscuro del codice antimafia, e delle misure di prevenzione.
L’Unione Camere penali non ha certo perso tempo a festeggiare i precedenti scampati pericoli, e ha investito, sulla materia, nuove energie, in particolare con l’Osservatorio Misure patrimoniali e di prevenzione. L’organismo conduce, con lo stesso stoicismo opposto anni addietro alle virate giustizialiste dell’Esecutivo gialloverde, un lavoro tenace, instancabile, che per l’anno 2024 è raccolto in un prezioso volume, “Appunti sparsi sulla prevenzione. Un anno di lavori dell’Osservatorio”. Una vera e propria bussola per tutti gli avvocati costretti a ricordare, in ogni ufficio o sede giudiziaria, davanti a ogni giudice o Corte, che la Costituzione precede, o dovrebbe precedere, la disgraziata pretesa di punire prima del processo.
In prima linea nella battaglia ci sono i due penalisti che l’Ucpi ha scelto come responsabili dell’Osservatorio sulla prevenzione: Fabrizio Costarella e Cosimo Palumbo. Due irriducibili cercatori di verità, due inesausti costruttori di speranza nella giustizia. Gli “Appunti sparsi” sono frutto del loro impegno scientifico e del loro lavoro di sintesi, culminato nel workshop che, alle misure patrimoniali e di prevenzione, l’Unione presieduta da Francesco Petrelli ha riservato nel corso dell’ultimo Open day di Rimini, tenuto il 13 e 14 giugno scorsi.
Il Dubbio vanta Costarella e Palumbo tra le proprie firme. E chi scrive non può nascondere come in redazione i due responsabili dell’Osservatorio Ucpi siano stati ribattezzati “i nostri Alesina e Giavazzi”, per la puntualità del lavoro svolto in tandem e sempre proteso a richiamare cadute e resurrezioni del diritto in questa sottovalutata materia.
È noto anche, ai lettori del Dubbio, che di confische e sequestri agli innocenti si parla, su queste pagine, da diversi anni, quanto meno dal primo articolo con cui, nel 2019, ci siamo occupati della famiglia Cavallotti, dell’incredibile vicenda che ha visto un’impresa modello del Mezzogiorno distrutta dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo (presieduta all’epoca da Silvana Saguto) nonostante i fratelli Cavallotti fossero stati assolti con formula piena, nel processo penale, dalle stesse accuse in base alle quali è stata portata via loro ogni cosa, persino la casa in cui abitavano.
Pietro Cavallotti è stato oggetto e autore di diversi articoli sul Dubbio. E, al pari di Costarella e Palumbo, che citano a più riprese nel loro volume il ricorso proposto dalla famiglia Cavallotti alla Cedu, rappresenta uno strenuo baluardo di difesa del diritto. È affiancato, in questo percorso, da Nessuno tocchi Caino, che ha immediatamente intuito come la giustizia “prevenzionale” fosse diventata un campo minato, per lo Stato di diritto, esattamente come le carceri.
È inevitabile esortare ogni giurista che abbia a cuore la Carta del 1948 a immergersi nella lettura degli “Appunti sparsi sulla prevenzione” pubblicati dall’Osservatorio. Un’opera che, nella prefazione firmata da Francesco Petrelli, Rinaldo Romanelli e Valerio Murgano (presidente, segretario e delegato di Giunta dell’Unione Camere penali), viene definita «un invito alla resistenza culturale e giuridica contro ogni forma di deriva autoritaria».
Il libro raccoglie 19 documenti prodotti dall’Osservatorio, inclusi i commenti alle pur timide aperture di Consulta e Cassazione sulle misure antimafia, oltre a due questioni di legittimità costituzionale e al “resoconto sommario” della seduta riservata alla prevenzione durante l’Open day del 2024.
«Gunther Jakobs ha coniato il concetto di legislazione del nemico che è perfettamente aderente al sistema della prevenzione, perché si basa sull’idea che alcuni individui, a causa di una loro ritenuta pericolosità, perdano la loro qualifica di soggetti di diritto e vengano considerati esclusivamente come oggetti di repressione preventiva», scrivono Costarella e Palumbo nella loro introduzione. «A differenza degli stati di eccezione, la prevenzione ha la pretesa di ampliare sempre di più i propri ambiti, regolamentando situazioni ordinarie – di volta in volta attratte allo straordinario mediante continue implementazioni categoriali – con strumenti costruiti per fronteggiare emergenze contingenti o presunte tali. Ieri i briganti, poi gli oppositori politici e poi ancora gli oziosi e i vagabondi, i proclivi a delinquere. Oggi i sospettati di vivere con i proventi di attività delittuose, gli indiziati di appartenere a categorie specifiche di pericolosi, secondo il comune sentire. A costoro, indipendentemente dall’accertamento giudiziale di un reato, possono essere inflitte misure incidenti, in maniera assai significativa, su diritti di rango costituzionale, come la libertà personale, quella di circolazione, il diritto di proprietà e quello di iniziativa economica».
È così, nell’Italia del 2025. Lo ricordano in pochi. Ma gli avvocati, l’Ucpi e il suo Osservatorio non sono certo spaventati dall’essere fra quei pochi.