Persecuzione giudiziaria nei confronti di chi esprime le proprie opinioni, diritto di difesa compromesso e norme liberticide. La situazione in Tunisia è preoccupante. In tale contesto si è giunti lunedì sera alla condanna a due anni di carcere dell’avvocata ed editorialista Sonia Dahmani. La sentenza della quinta sezione penale del Tribunale di Tunisi è arrivata al termine di un processo farsa e di una udienza in cui, come hanno denunciato alcuni osservatori internazionali giunti anche dall’Italia e dalla Francia, non sono mancate anomalie.

I difensori di Dahmani, accusata di «diffusione di notizie false» in base al controverso decreto- legge “anti fake news” - il numero 54 del 2022 -, che sanziona la divulgazione di informazioni considerate lesive dell’ordine pubblico, non hanno potuto esporre le proprie conclusioni. Sonia si trova in carcere, dopo l’arresto avvenuto oltre un anno fa, in regime di isolamento, sorvegliata ventiquattrore su ventiquattro. Ma, cosa ancora più grave, Dahmani è stata processata per lo stesso fatto che ha portato ad una precedente condanna. Le condizioni di salute dell’avvocata, inoltre, sono preoccupanti e non sono state prese in considerazione dai giudici.

L’arresto di Sonia Dahmani ha destato scalpore per le modalità. È avvenuto l’ 11 maggio 2024 in diretta tv con un’operazione rocambolesca da parte di agenti della polizia incappucciati con un blitz nella sede dell’Ordine degli avvocati di Tunisi. Le manette sono scattate dopo che l’avvocata ha criticato in una trasmissione televisiva il governo tunisino e il presidente Kais Saied in merito alla gestione dei flussi migratori. Dahmani ha riflettuto davanti alle telecamere sulle richieste dei migranti subsahariani desiderosi di stabilirsi definitivamente in Tunisia, nonostante la grave crisi economica. «Di quale Paese straordinario stiamo parlando?», si interrogò con una punta di ironia conversando con la giornalista in studio.

Sonia Dahmani ha già collezionato due condanne: una nel luglio 2024 a otto mesi di reclusione, con pena confermata in appello, la seconda a un anno e mezzo nel gennaio scorso per un procedimento sempre connesso al decreto “anti fake news”. Il difensore di Dahmani, Bassem Trifi, ha definito l’ultima condanna «una grave ingiustizia». «Quello che sta succedendo - ha detto alla Reuters un altro avvocato del collegio difensivo, Sami Ben Ghazi - è una farsa. Sonia viene processata due volte per le stesse dichiarazioni».

In Tunisia, oltre agli avvocati, le maniere forti sono state usate anche nei confronti dei politici di opposizione e dei giornalisti che hanno criticato il presidente Saied. Molti di loro sono finiti in carcere da quando Saied ha preso il controllo della maggior parte dei poteri, ha sciolto il parlamento eletto e ha iniziato a governare per decreto nel 2021. L’opposizione non a caso ha parlato di un «colpo di Stato».

Leonardo Arnau, presidente dell’Oiad (Osservatorio internazionale degli avvocati in pericolo) e coordinatore della commissione Diritti umani e protezione internazionale del Cnf, esprime vicinanza nei confronti di Dahmani. «Apprendiamo –- dice Arnau - con preoccupazione e rammarico la notizia della condanna a due anni di reclusione inflitta alla nostra collega tunisina, a seguito di un processo iniquo, secondo i suoi difensori e gli osservatori internazionali del Consiglio nazionale forense e dell’Oiad presenti a Tunisi. La commissione Diritti umani del Cnf ribadisce la propria richiesta urgente di rilascio immediato e profonda preoccupazione per il deterioramento delle condizioni di salute di Sonia Dahmani».

Nel Tribunale di Tunisi, al momento della lettura della sentenza, era presente come osservatrice internazionale Barbara Porta del Foro di Torino, presidente della commissione Diritti umani del CCBE (Consiglio degli Ordini forensi d’Europa). «Il terzo procedimento penale avviato nei confronti di Dahmani – commenta l’avvocata Porta – deve farci riflettere. In questo caso, è stata accusata per aver criticato il razzismo endemico che dilaga in Tunisia. Sonia Dahmani è già stata condannata per lo stesso fatto in un precedente processo. I suoi difensori hanno cercato di rilevare, ma senza successo, questo elemento. Quanto sta accadendo in Tunisia offre un quadro poco confortante sullo Stato di diritto e sul rispetto dei diritti umani. In questo Paese, lo dimostra il caso della collega Dahmani, si rischia il carcere per il semplice fatto di aver espresso un’opinione, peraltro ampiamente condivisa, sul tema dell’immigrazione. Ho potuto constatare che la grande preoccupazione dell’avvocatura tunisina sulle violazioni sempre più frequenti e sempre più gravi delle norme del giusto processo e dei diritti fondamentali».

La segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard, dopo aver visitato in carcere Sonia Dahmani, ha denunciato il «drastico regresso dei diritti umani in Tunisia» con un «duro colpo inferto ad una avvocata impegnata nel sensibilizzare l’opinione pubblica sul delicato tema delle condizioni dei migranti».