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NICOLA FRATOIANNI SINISTRA ITALIANA
Le prospettive del Campo Largo, tra divisioni nel Pd e “sbandate” di Giuseppe Conte sulla politica estera, la manovra e lo sciopero generale, passando per il referendum sulla giustizia. Una fase politica fitta di scadenze e di impegni anche per Sinistra Italiana, come conferma il segretario nazionale e deputato Nicola Fratoianni.
Onorevole, ieri c'è stato lo sciopero generale proclamato dallo Cgil e le ha partecipato a una delle manifestazioni. Il governo ha rinnovato le proprie critiche, parlando di sciopero politico e criticando la scelta del giorno della settimana...
Non sono critiche, sono insulti indecenti nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici di questo Paese. Il ritornello del venerdì è ormai inascoltabile. Vorrei ricordare a chi lo esercita, ormai come una liturgia, che ogni lavoratore, ogni lavoratrice quando sciopera rinuncia a un giorno di stipendio. E nel Paese che in Europa registra il dato più pesante nella perdita del potere d'acquisto dei salari rispetto all'inflazione, quando i lavoratori scioperano andrebbero innanzitutto rispettati, poi si può dissentire dalle ragioni di chi sciopera ma il rispetto è condizione che va pretesa da chi non solo da chi ha la responsabilità del Governo del Paese, ma vive con stipendi ben diversi da quelli della maggioranza degli italiani. Questo è il primo punto che vorrei sottolineare.
Al centro c'era l'impostazione della manovra, cosa ne pensa?
Che dal centrodestra non c'è alcuna disponibilità ad affrontare una grande questione di questo Paese: il tema della redistribuzione della ricchezza è un tema che non può più essere aggirato, perché in Italia la ricchezza complessiva aumenta, continua a aumentare, non diminuisce, il punto è che si distribuisce in modo sempre più indecentemente ineguale e allora o si affronta questo modo, oppure continueremo a misurarci con leggi di bilancio e con politiche economiche che hanno tutte lo stesso segno, l'austerità, i tagli al sistema sanitario nazionale pubblico, alla scuola, alla ricerca mentre le risorse vengono invece messe in campo nella direzione più sbagliata che c'è, quella dell'aumento della spesa militare, del riarmo.
A proposito di riarmo: ma lei concorda con quello che dice Giuseppe Conte sull'Ucraina, che vuole lasciar fare a Trump...
Distinguiamo alcuni aspetti. Sul riarmo, tra le opposizioni, c'è in realtà molta più convergenza di quanto si racconta perché siamo tutti contrari al 5% sul Pil per le spese militari, Partito Democratico compreso, e siamo tutti d'accordo sul fatto che sia necessario investire sulla difesa comune europea. Quanto alle dichiarazioni di Conte sulla necessità di lasciar fare Trump, su cui peraltro mi pare che abbia fatto alcune precisazioni che apprezzo, penso che non vada bene, non solo perché è per quello che mi riguarda Trump è un avversario irriducibile, ma perché lasciar fare Trump significa rinunciare all'idea che l'Europa debba invece investire sul suo protagonismo, su un ruolo centrale nella ridefinizione degli aspetti del mondo che abbiamo di fronte e farlo nel nome della diplomazia.
Il fatto è che a Strasburgo voi e M5s state nello stesso gruppo e anche sulla questione della cittadinanza sulla sicurezza Conte ogni tanto si smarca da voi...
Su alcuni punti di vista ci sono delle differenze, non c'è dubbio ma per me fa testo il fatto che Giuseppe Conte abbia detto di essere pentito per aver fatto degli errori. Mi pare una presa di consapevolezza rispetto a quella fase della sua vicenda politica, al governo gialloverde.
Tornando a chi sciopera, lo stanno facendo anche dei quotidiani storici dell'editoria italiana come la Stampa e Repubblica. Che idea si è fatto della probabile cessione del gruppo Gedi?
La prima idea è il disastro che sta sulle spalle di Elkann, che ha progressivamente smembrato un gruppo che è stato a lungo tra i più importanti del Paese. La seconda è che questa vicenda si sta sviluppando senza alcuna trasparenza, né sul terreno delle garanzie occupazionali, che è sempre il primo punto quando si è di fronte ad un passaggio di proprietà, né sul terreno delle politiche editoriali. L'informazione è un bene comune, ha a che fare con la qualità della democrazia, Allora avere qualche idea in più su quali siano gli orientamenti, le scelte anche di natura editoriale, oltre che quelle legate all'occupazione, francamente non sarebbe male, perché è evidente che questo incide anche e soprattutto sulla qualità e sulla verità della democrazia italiana.
Concludiamo con un argomento che ci sta molto a cuore: la riforma della giustizia. Voi siete convintamente per il no. Cosa non vi convince?
Nel merito è una riforma che nomina un obiettivo, la separazione delle carriere, che nei fatti è stato già conseguito dalla riforma Cartabia. Poi è una riforma che nel nome del garantismo che generalmente la difende e la sostiene, rischia di produrre una supercasta di pm che si autoregola e che autogoverna, insomma un gran pasticcio che credo avrà come esito quello di un'ulteriore forma di sottomissione all'esecutivo anche di questo potere e nessun vantaggio a fronte di un sistema di giustizia che invece avrà bisogno grandi interventi, innanzitutto di grandi investimenti per intervenire sui mali più diffusi, che hanno a che fare con i tempi ormai insopportabili per tutti, per gli operatori della giustizia, per i cittadini e le cittadine, per le imprese.


