PHOTO
Russia's Zhanna Agalakova, the former Paris-based Europe correspondent for Russian state-controlled broadcaster Channel One, gestures during a press conference at Reporters Without Borders headquarters, Tuesday, March 22, 2022 in Paris. Zhanna Agalakova resigned as the war broke out in Ukraine. (AP Photo/Francois Mori)
Zhanna Agalakova è una delle più importanti giornaliste russe. Per oltre vent’anni ha lavorato con Channel One, ricoprendo anche l’incarico di corrispondente da New York e da Parigi. Dopo l’aggressione militare ai danni dell’Ucraina nel febbraio 2022, la reporter ha deciso di abbandonare la Russia. In segno di protesta ha rispedito a Vladimir Putin le medaglie che le vennero consegnate per i meriti professionali, compresa l’onorificenza dell’«Ordine dell’Amicizia», molto ambita e prestigiosa in Russia. Un segnale chiaro per marcare le distanze dal boss del Cremlino. Pochi giorni fa Zhanna Agalakova ha presentato il suo film, “A little gray wolf will come”, in occasione del Rome international documentary festival. Un viaggio attraverso la Russia di Putin, scandito da quattro estati e un inverno tra città, villaggi e ricordi, alla ricerca di un legame, di un senso di appartenenza e di verità.
Dottoressa Agalakova, la pace in Ucraina, alla luce dei vari piani che si stanno predisponendo, potrà davvero essere raggiunta a breve?
«Io non credo che questo possa accadere nei prossimi mesi. Ogni volta, quando c'è un passo in direzione della pace da parte dell’Ucraina, di concerto con la comunità internazionale, assistiamo alle dichiarazioni del Cremlino che ridimensionano tutti gli sforzi e agli attacchi sempre più massicci della Russia sulle città ucraine. È questa la risposta di Putin in merito al voler fare la pace. In più non mancano le contraddizioni da parte degli Stati Uniti. Washington vuole che l’Ucraina ceda i suoi territori. È una cosa inammissibile e offensiva, oltre che umiliante, e non persegue una soluzione giusta».
L’intesa tra gli Stati Uniti di Trump e la Russia di Putin è sempre più marcata. C’è da preoccuparsi?
«Direi che lo scenario è scioccante. Ricordo che quando Donald Trump venne eletto per la prima volta, nel 2016, i miei colleghi in Russia espressero soddisfazione. Riflettevano in un certo modo la gioia del Cremlino, che all’epoca voleva che Trump vincesse. Spero che un giorno anche su questa vicenda la verità possa saltare fuori. Non dimentichiamoci che per decenni l’Unione Sovietica prima e la Russia poi sono state nemiche degli Stati Uniti. Con Putin e con Trump è scoppiata la cordialità. Putin è un uomo che non prova emozioni. Per lui contano solo gli affari. La stessa cosa vale per Trump. Ecco perché entrambi si intendono. Nel frattempo, il popolo ucraino e russo, senza trascurare quello americano, soffrono».
Trump non crede in questa Europa, lo stesso vale anche per Putin. Dove andrà a finire il Vecchio Continente?
«Se continua così, considerata la debolezza dimostrata, andrà a finire male. L’opinione dell’Europa non conta sia per Putin che per Trump. Entrambi tendono a mettere l’Europa nel corridoio, lontano dalle decisioni più importanti che disegnano il mondo di oggi. E devo dire che mi dispiace assistere a tutto ciò. Mi dispiace vedere l’Europa, con la sua cultura e la sua visione del mondo, con i suoi valori democratici e di giustizia, in questa posizione poco importante».
Lei ha sempre criticato i metodi di Putin e la decisione di invadere l’Ucraina. Un mese fa inoltre è stata considerata dall’autorità giudiziaria russa un “agente straniero”. Come ho accolto questa notizia?
«Me lo aspettavo. Tutti quelli che osano dire qualcosa contro il Cremlino, prima o poi, finiscono così e vengono definiti come “agenti stranieri”. Putin per alcuni russi liberi non ha altro rimedio per farli stare zitti. La soluzione quindi è quella di attribuire etichette umilianti e offensive, anche terrificanti. Tutti gli “agenti stranieri” continuano però ad esprimere le loro opinioni. Putin può seminare la paura in Russia con i russi, costretti ad affrontare un sacco di problemi, una volta attribuito lo status di “agente straniero”. Ma chi vive all’estero continuerà a battersi per la libertà di pensiero».
Putin non è immortale. Quale futuro immagina per il suo Paese?
«Speriamo che non sia immortale. Una volta disse che si può vivere anche fino a 150 anni. Una prospettiva terrificante. A parte questo, purtroppo non vedo un futuro felice per la Russia. Non credo che la Russia nei prossimi trenta, quarant’anni raggiungerà il suo splendore democratico, caratterizzato dall’affermazione della giustizia, che è quello che tutti noi sogniamo in Europa e nel resto del mondo».
È pessimista?
«I danni che Vladimir Putin e la sua politica hanno provocato al mio Paese sono molto gravi. Mi riferisco ai danni non soltanto economici, ma anche al tipo di mentalità che è stata inculcata ai russi. Putin ha trasmesso il male alla Russia. Ha fatto intendere che tutto è possibile: uccidere, violentare, aggredire uno Stato sovrano con un popolo da sempre vicino ai russi, sopraffare i più deboli. Tutto quanto è stato fatto non può essere dimenticato e non potrà passare da un giorno all’altro. Ci vorranno tanti anni».
Nel suo film, A little gray wolf will come, presentato di recente a Roma, ci sono riferimenti autobiografici?
«Sì, è un lavoro autobiografico. Il titolo del film si ispira ad una ninna nanna, la più antica tramandata di generazione in generazione in Russia. Anche io sono cresciuta con questa ninna nanna. È un invito rivolto alle mamme a non mettere i loro figli sul bordo del letto per evitare il rischio non solo della caduta, ma soprattutto la possibilità che arrivi un lupo grigio che può portare i piccoli nella foresta. I bambini russi sono cresciuti temendo questo lupo grigio, che può venire a prenderti se assumi una posizione scomoda o pericolosa. La ninna nanna del lupo grigio ha in qualche modo influenzato la mentalità dei russi. Partendo da qui racconto anche la mia storia. Ognuno di noi si è messo almeno una volta nella vita “al bordo”, metafora che indica il confine tra comodità e libertà. Alcuni passi, che possono essere anche pericolosi, molte volte possono però condurre alla libertà e alla verità. Devo dire comunque che la paura per il lupo grigio è rimasta nella maggioranza dei russi».
Il lupo in questione è Putin?
«Riattualizzando la fiaba, possiamo identificare Putin nel lupo. È una metafora calzante».


