Avvocato Mitja Gialuz, ordinario di Diritto processuale penale nell'Università di Genova, l’articolo 138 Cost. è stato pienamente rispettato. Allora perché parlare di “attacco alla Costituzione” per la previsione della norma sulla separazione carriere e Alta Corte?

L’“attacco alla Costituzione” sta nella scelta del sorteggio. Può darsi, come sostengono autorevoli costituzionalisti, che la regola dell’elettività degli organi di governo costituisca un principio supremo dell’ordinamento costituzionale e, quindi, sottratto alla revisione costituzionale ( Corte cost. n. 1146/ 1988). Ma certo la scelta di affidare alla cieca sorte la formazione di due organi costituzionali rappresenta uno squarcio profondo in quel tessuto democratico che connota non solo le istituzioni repubblicane ma tutte le organizzazioni comunitarie.

Il professor Giovanni Guzzetta ha detto: il sorteggio è legittimo perché il Csm non è un organo di rappresentanza politica. Sbaglia quindi secondo lei?

Sbaglia perché il CSM è un organo di governo che ha l’obiettivo di garantire l'indipendenza dei singoli magistrati e l'autonomia del loro complessivo ordine. La proposta di modifica affida la composizione di tale organo costituzionale al caso, senza possibilità di temperamenti postumi con legge ordinaria, e ciò, non solo non ha eguali nei paesi democratici, ma finirà per ridurre significativamente la capacità del CSM di fungere da garante effettivo dell’indipendenza di ciascun magistrato. E con meno presidi a tutela dell’indipendenza – qui sta il paradosso più macroscopico – finirà per affievolirsi anche la terzietà del singolo giudice. Si badi, non solo di quello penale, di cui tanto si parla, ma anche del giudice civile, che ha un ruolo essenziale nel riconoscimento dei diritti dei cittadini e della loro uguaglianza nelle società contemporanee.

Sostenere che la riforma non risolve gli altri problemi della giustizia non significa fare del benaltrismo?

La realtà è che questa riforma, non solo non risolve i problemi della giustizia penale, ma pone le premesse per aggravarli. Prenda ad esempio il tema della torsione del processo penale, che viene trasformato in strumento di difesa sociale per rispondere alle istanze colpevoliste della pubblica opinione. A me pare che l’incoronazione costituzionale dei PM, ai quali si concede un organo di garanzia tutto loro, non aiuterà affatto a contrastare questo fenomeno degenerativo. In verità, finirà per alimentarlo.

Qualcuno, infatti, ipotizza la creazione di una vera e propria Prokuratura in seno al Csm dei soli pm. Anche se fosse avremmo un giudice più indipendente e più autonomo.

Se non vi è dubbio che la previsione di un CSM con due terzi di PM finirà per creare un quarto potere autonomo e irresponsabile, destinato a entrare in conflitto con gli altri poteri, faccio fatica a vedere come ciò possa portare a rafforzare il giudice. La sua effettiva terzietà è garantita dalla formazione in contraddittorio degli elementi conoscitivi e non certo dall’appartenenza a una diversa articolazione burocratica. Non a caso, i dati ci dicono che in dibattimento non vi sono problemi di appiattimento del giudice rispetto al PM. Diverso il discorso per le indagini preliminari ove, in una fase caratterizzata dall’inesorabile limitatezza delle conoscenze, è destinata ad avere un ruolo più incisivo la consapevolezza del giudice che il PM agisce nell’interesse della collettività. Ma l’antidoto a questo problema sta nelle regole processuali e non nello scardinamento dell’assetto costituzionale della magistratura.

Per i riformisti appunto fare la riforma significa attuare il 111 Cost. secondo il quale il giudice deve essere terzo e imparziale. E si badi bene, dice Valerio Spigarelli, “terzo ed imparziale sono due cose diverse”. L'imparzialità è nel processo, garantita da istituti come l’astensione e la ricusazione. La terzietà, invece, riguarda la posizione ordinamentale del giudice.

Certo che sono due cose diverse, ma l’art. 111 Cost. è una disposizione di natura rigorosamente processuale. Sicché dai due aggettivi si ricavano due valori essenziali riferibili al processo. La terzietà si riferisce alla posizione di equidistanza processuale del giudice, mentre l’imparzialità riguarda la funzione ( assenza di legami con le parti, mancanza di pregiudizi sulla stessa causa). Trarre da una parola contenuta in una norma processuale un’indicazione sullo status ordinamentale mi pare un’oggettiva forzatura ermeneutica.

Si ripete che la riforma condurrà alla perdita di autonomia e indipendenza della magistratura. Eppure il nuovo art. 104 ribadirà questo principio. I sostenitori del No sono caduti nella fallacia del pendio scivoloso?

Nell’interpretazione della Costituzione più che le singole parole contano i poteri attribuiti agli organi. Lo sapeva bene l’on. Meuccio Ruini che, in Assemblea costituente, difese strenuamente l’attribuzione al CSM delle competenze relative alle assunzioni, alle assegnazioni e ai trasferimenti, alle promozioni e ai provvedimenti disciplinari. Li definì i quattro chiodi a cui ancorare l’indipendenza esterna della magistratura. Frammentare tali poteri tra due diversi organi e, soprattutto, togliere ai due CSM il “chiodo” della competenza disciplinare significa inesorabilmente indebolire tale indipendenza.

L’Alta Corte sarà composta da 9 membri su 15 che sono magistrati in esercizio da almeno vent’anni e che hanno esercitato o esercitano funzioni di legittimità; in pratica una sezione allargata della Corte di Cassazione. Cosa temete?

L’idea che traspare dalla stessa relazione al disegno governativo, secondo la quale l’Alta Corte avrebbe il compito di garantire la professionalità dei magistrati. Suona come una dichiarazione di intenti: i magistrati troppo indipendenti andranno “formati” attraverso lo strumento disciplinare.

I sondaggi danno sempre in vantaggio il Sì. Dal suo punto di vista c’è margine di miglioramento per il No?

Credo che il margine vi sia se si riuscirà ad andare oltre l’etichetta della separazione delle carriere per far comprendere ai cittadini che la riforma ha una portata ben diversa e riguarda la sostanza della nostra democrazia, che rischia di essere impoverita.