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NICOLO' ZANON DOCENTE
Professor Nicolò Zanon, già vice presidente della Corte Costituzionale, in questi giorni sulla stampa circola la voce che lei starebbe passando nel grande Comitato dei partiti di maggioranza per il Sì alla separazione delle carriere, voluto da Giorgia Meloni. È così?
Ho letto anch’io. Allo stato, faccio parte del Comitato “SìSepara” della Fondazione Einaudi.
Quelli del No hanno parlato di “attacco alla Costituzione” su questa riforma perché essa non appartiene alla maggioranza. Che ne pensa?
È un vecchio ritornello, se mi consente anche un po’ sgradevole. Proprio nella Costituzione esiste una norma, l’articolo 138, che prevede che la Costituzione possa essere modificata con una procedura complessa che può persino prevedere, come accade nel nostro caso, l’intervento del popolo tramite referendum. Dico “sgradevole” perché è un argomento che cerca di respingere i sostenitori della riforma fuori del recinto costituzionale, negando la loro stessa legittimità. Come se la Costituzione appartenesse solo a quelli del No. Bella la coccarda tricolore che si appuntano sul petto: ma chi è per il Sì è forse meno italiano?
Secondo lei grazie alla separazione delle carriere ci saranno più assoluzioni e meno ingiuste detenzioni?
Io penso che nel medio periodo la separazione potrà rendere i giudici più distanti dal “respiro inquisitorio” dei pubblici ministeri. Ciò si tradurrebbe in una garanzia in più per i cittadini coinvolti in un procedimento giudiziario. Soprattutto i giudici delle indagini preliminari si sentiranno maggiormente liberi di disattendere richieste che non provengono più dai loro colleghi.
Lei in passato era stato critico rispetto all’ipotesi di due Csm. Cosa le ha fatto cambiare idea?
È vero, mi è capitato di scrivere che sarebbe meglio evitare di moltiplicare gli organi costituzionali. Ora, però, mi convince un argomento: avere due separati consigli superiori taglia drasticamente le occasioni di intreccio tra le carriere di giudici e pubblici ministeri. Non avremmo più pm che votano sui giudici (per gli uffici direttivi, per le valutazioni di professionalità ecc.), oppure giudici che chiedono l’aiuto dei pm della loro stessa corrente per averne l’appoggio nei consigli giudiziari o nel Csm.
Non teme la Prokuratura che si verrebbe a creare nel solo Csm dei pm? Anche Marcello Pera e Paolo Ferrua sostengono che a quel punto occorrerebbe un coordinamento o il controllo politico.
Intanto anche il Csm dei pubblici ministeri sarebbe presieduto dal Presidente della Repubblica: un ruolo di freno e garanzia importantissimo, che soprattutto in questo Csm potrà dispiegarsi pienamente. Poi, c’è da considerare la presenza di membri laici auspicabilmente autorevoli, capaci di interpretare la loro funzione di rappresentanti dei cittadini utenti del servizio-giustizia. Infine, la normativa d’attuazione dovrà evitare che quel Csm diventi di fatto il gestore “politico” dell’azione penale. Ma, ad esempio, già la legislazione vigente impone che sia il Parlamento, e non il Csm, a elaborare criteri di priorità relativi all’esercizio dell’azione penale.
Cosa pensa della disparità per cui i membri laici del Csm sarebbero sorteggiati da una rosa eletta dal Parlamento mentre i togati con sorteggio puro?
La disparità è nelle cose, c’è una bella differenza tra l’origine politica del laico e il membro togato. Una differenza compensata ampiamente dalla condizione di minoranza cui i membri laici restano destinati anche nei due nuovi Csm.
Rispetto a questa previsione «contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte» per Margherita Cassano ci sarebbero dubbi di costituzionalità rispetto al 102 e al 111. Lei che ne pensa?
Il testo della riforma precisa che l’impugnazione sarebbe decisa da un collegio dell’Alta Corte che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata. Siamo in presenza di una norma costituzionale che deroga, solo per le pronunce disciplinari relative ai magistrati, al principio della ricorribilità in Cassazione per violazione di legge. Per affermarne l’incostituzionalità bisogna, intanto, presupporre la categoria delle “norme costituzionali incostituzionali”. So che è possibile farlo, ma consideriamo la ratio della scelta: garantire l’effettiva terzietà della decisione disciplinare. L’Alta Corte disciplinare è appunto organo “terzo”, istituito per portar fuori la giustizia disciplinare dal circuito eletti-elettori che caratterizza il Csm e la sua sezione disciplinare. Se le pronunce disciplinari tornassero nell’ambito della giurisdizione ordinaria, tramite un ricorso per Cassazione, che fine farebbe questa terzietà?
Cosa pensa del fatto che l’Anm abbia costituito il proprio Comitato del No e lo presenti nei palazzi di giustizia? Legittimo?
Per la costituzione del Comitato non userei le categorie legittimo/illegittimo, piuttosto la considero inopportuna, perché costruisce l’Anm come soggetto politico, che pretende di rappresentare e schierare tutta la magistratura in un’aspra campagna referendaria. Ne soffrirà la stessa apparenza d’imparzialità, che dovrebbe invece rafforzare la fiducia di cui deve godere la magistratura nella società. Quale immagine di imparzialità avranno, alla fine, qualunque sia l’esito del referendum, questi magistrati dopo l’attiva partecipazione a una durissima campagna? Quanto alla presentazione del Comitato per il No nei Palazzi di giustizia e nella stessa Aula magna della Corte di cassazione, ho provato dispiacere. Come se quei Palazzi fossero cosa della sola Anm, o un luogo di parte, e non la casa della Giustizia in cui ogni cittadino deve sentirsi come a casa propria.
Come giudica in generale questa campagna referendaria? Si sta facendo un giusto servizio di informazione ai cittadini?
Abbiamo ancora qualche mese per far molto meglio rispetto a quanto si è visto finora. Intendiamoci: è inevitabile che una campagna referendaria si nutra di brutali semplificazioni, stupide strumentalizzazioni, forme di politicizzazione del voto. Ma, proprio perché sappiamo che è così, chi può farlo deve spiegare alle persone, soprattutto a quelle digiune di diritto, il merito e l’obiettivo dei provvedimenti proposti. Senza aggressioni, o volontà di rivalsa nei confronti di chicchessia. La magistratura è una colonna portante del nostro assetto istituzionale. Non dovrà essere un voto contro (o a favore) di essa. Ma per una giustizia migliore per tutti noi.


