Il ddl di riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati arriverà in aula al Senato il 28 ottobre per l’ultimo passaggio parlamentare. Lo ha deciso ieri la capigruppo di Palazzo Madama. «Noi come maggioranza - ha spiegato il capogruppo di FI, Maurizio Gasparri - chiedevamo il 23 ma, chiarito che all’unanimità si poteva fare il 28, abbiamo accolto la proposta del presidente del Senato, La Russa. Di fronte alla certezza dei tempi non abbiamo avuto nulla da obiettare». La maggioranza punta a tenere il referendum a fine marzo 2026.

Intanto il 25 ottobre la magistratura farà sentire forte la sua voce di dissenso contro la riforma: quel sabato infatti è prevista una assemblea in Corte di Cassazione. L’obiettivo è quello di intercettare seriamente gli elettori. Per questo è stato organizzato tra dieci giorni quell’ «importante momento di confronto che vedrà la partecipazione di numerosi esponenti di rilievo della giustizia, della società civile, del giornalismo, della cultura», recita un comunicato dell’Anm. Guest star sarà sicuramente il procuratore di Napoli Nicola Gratteri che forse per la prima volta partecipa ad un evento Anm di tale portata. Con lui Giancarlo De Cataldo, l’ex magistrato autore di Romanzo criminale, l’ormai scrittore Gianrico Carofiglio, il penalista Mitija Gialuz, Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, il dirigente del Pci ucciso dalla mafia. Ma anche gli artisti Edoardo Bennato e Sabina Guzzanti. Bisognerà poi capire l’impatto mediatico che avrà un tale evento sulla società civile.

Sicuramente il dibattito andrà in una unica direzione: quella di contrarietà alla riforma costituzionale targata Nordio e Meloni. Ad esempio, pare infatti essersi interrotto definitivamente il confronto con l’avvocatura. Lo ha detto dal palco del congresso di AreaDg a Genova lo stesso presidente dell’Anm Cesare Parodi: «Basta parlare tra noi e professori e avvocati, dobbiamo arrivare ai cittadini» per vincere il referendum. Non a caso, fino ad oggi, è stata esclusa la possibilità che all’assemblea del 25 ottobre vengano invitati a parlare i rappresentanti di quella parte maggioritaria dell’avvocatura favorevole alla modifica dell’ordinamento giudiziario. In fondo, poi, è una assemblea, non un congresso. Fatta eccezione per Franco Coppi, che è tra quelli che interverranno e per cui la separazione delle carriere non risolve i problemi della giustizia: «Io non ho mai pensato di aver vinto o perso una causa perché il pm faceva parte della stessa famiglia del giudice», è il suo mantra. Che l’aria sia tesa lo dimostra anche la replica di Francesco Petrelli, presidente dell’Ucpi, alle dichiarazioni di alcuni magistrati rilasciate off e on al congresso di AreaDg. Qualcuno aveva detto che l’avvocatura penalista si è venduta l’anima al governo per portare a casa la separazione delle carriere.

Poi il leader delle toghe progressiste, Giovanni Zaccaro, aveva in pratica criticato una presunta incoerenza dei vertici dell’associazione dei penalisti che parlano tanto di garanzie ma poi a difendere gli ultimi nei processi ci mandano i legali d’ufficio. «Chi parla dell’anima dell’Unione non conosce l’Unione e non sa nulla della sua storia di contropotere di difesa degli interessi dei cittadini e di vicinanza agli ultimi», ha detto Petrelli. «Non so chi sia stato a scendere così in basso nella polemica politica – ha proseguito – ma non è proprio nello stile e nella storia dell’Unione il venire a patti con il potere. E lo abbiamo dimostrato ogni volta che si è trattato di difendere i diritti di libertà e la dignità dei detenuti, contro il Dl sicurezza e contro lo scandalo del sovraffollamento e dei suicidi, e sempre dalla parte dello Stato di diritto». Per Petrelli, «quella della separazione delle carriere è una riforma che l’Unione ha voluto, ha scritto e ha portato in Parlamento per prima e saranno quegli stessi cittadini che hanno firmato nelle strade la nostra proposta di iniziativa popolare che voteranno “” per questa legge al referendum confermativo».

E poi rivolto direttamente a Zaccaro: «Qualcuno nella magistratura si ricorda solo ora della difesa d’ufficio alla quale invece l’Unione ha sempre dedicato con il suo Osservatorio grande attenzione perché il diritto di difesa trovasse effettiva attuazione nell’interesse dei più deboli. Questa polemica mi pare solo un modo non elegante di voler fare politica ma poi di sfuggire al confronto».