I fedelissimi del presidente Macron lo additano come il Cavallo di Troia della sinistra radicale, elegante e garbato nelle forme, estremo nella sostanza. Per l’entourage di Jean Luc Mélenchon, al contrario, non è altro che un Macron descamisado e sotto mentite spoglie, un moderato liberale tinto di rosso.

E mentre gli avversari si affannano nel minimizzarne l’ascesa, Raphael Gluksmann, capolista dei socialisti alle prossime elezioni europee, continua a guadagnare posizioni e di sondaggio in sondaggio, rosicchia punti su punti.

All’inizio della campagna elettorale era partito con un modesto 6%, la stessa percentuale con cui fu eletto a Strasburgo nel 2019, oggi è accreditato di un sorprendente 14% a sole tre lunghezze dalla candidata macroniana Valérie Hayer. L’obiettivo conclamato è sorpassare Rénaissance, il partito del presidente, e piazzarsi al secondo posto.

Di più non si può sperare perché davanti, a fare corsa solitaria, c’è il Ressemblement National di Marine Le Pen che dovrebbe sfiorare il 30% in voto come quello europeo, storicamente favorevole all’estrema destra francese.

Chi è Rapahel Gluksmann

Ma chi è davvero Rapahel Gluksmann? Un oggetto misterioso e indecifrabile come sembra emergere dalle definizioni dei suoi concorrenti o l’uomo chiamato a ricostruire il campo diviso della sinistra? La verità, come spesso accade, sta nel mezzo.

Il padre era il filosofo ebreo askhenazita André Gluksmann, maoista negli anni 60 e poi neoliberale in aperta rottura con il marxismo e l’Unione sovietica alla fine dei 70, una traiettoria che ha condiviso con il mediatico Bernard Henry Lévy e con gli altri nouveaux philosophes. Raphael è nato nel 1979 a Boulogne- Billancourt, il sobborgo alla periferia di Parigi dove un tempo sorgevano i mitici stabilimenti automobilistici della Renault e che oggi ospita il museo della fondazione Louis Vuitton.

La sua formazione intellettuale ha seguito il classico percorso riservato ai figli della borghesia colta; le prestigiose classi preparatorie al liceo Henry IV, poi l’approdo al celebre Istituto di scienze politiche della capitale ( Sciences Po). Ma invece di proseguire per la via naturale della carriera accademica, Gluksmann ha scelto la strada del giornalismo engagé: nel 2004 quando ha 25 anni vola in Ruanda per realizzare un documentario sul genocidio dei tutsi in cui accusa la Francia di aver chiuso gli occhi durante lo sterminio. Sempre lo stesso anno produce un altro documentario sulla “rivoluzione arancione” in Ucraina. Come per il padre André, la dissidenza politica nell’est Europa e l’opposizione alle politiche di Mosca è uno dei suoi principali campi d’interesse e attività. Al punto da diventare il giovanissimo consigliere del presidente georgiano Mikhail Saakashvili dal 2005 al 2012. I francesi iniziano a conoscerlo come commentatore radiofonico per i canali di Stato France Inter e France Info dove interviene regolarmente.

Nel corso degli anni le sue idee sono cambiate in modo significativo: da liberale puro oggi ha posizioni più socialdemocratiche e vicine alla sinistra classica, dalla critica dei mercati finanziari al la promozione di una «democrazia partecipativa» alla lotta alla xenofobia e all’inquinamento industriale. Concetti che ha sostanziato nel 2018 fondando il suo movimento Place publique nato per far uscire la gauche «fuori dal muro».

In politica estera il suo marchio di fabbrica è l’avversione per le autocrazie e i regimi illiberali, dalla Cina all’Iran, dalla Russia alla Siriaed è un acceso sostenitore della causa ucraina. Molto più clemente invece nei confronti delle dittature alleate con il blocco occidentale quali l’Arabia saudita e il Qatar o la stessa Turchia.

Pur condividendone lo slancio europeista, di Emmanuel Macron contesta il «narcisismo presidenziale» e il velato autoritarismo con cui eserciterebbe il ruolo di capo dello Stato, una forma di populismo istituzionale che sarebbe speculare a quello “dal basso” promosso da Mélenchon leader della France insoumise. In tal senso Gluksmann si situa in una ideale linea mediana tra la liberal- democrazia centrista e il radicalismo di sinistra.

Né carne, né pesce insinuano i detrattori, ma apparentemente non la pensa così chi si dice disposto a votarlo. In tal senso i sondaggi spiegano che Gluksmann sta conquistando consensi trasversali, proprio dal bacino di Macron e di Mélenchon, circa il 20% degli elettori di Renaissance e addirittura il 38% di quelli della France insoumise, un autentico travaso. E l’ascesa del “borghese” Raphael Gluksmann sta facendo saltare i nervi a molti.

Durante il corteo del primo maggio a Saint Etienne è stato infatti aggredito e cacciato da un centinaio di militanti pro- Palestina al grido di «sionista bastardo». Gli rimproveravano il rifiuto di definire come un genocidio i massacri compiuti dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza e gli allarmi che ha lanciato sul dilagare dell’antisemitismo in Francia. Quanto basta per finire nelle liste di proscrizione degli squadristi neo- giacobini.