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DONALD TRUMP PRESIDENTE USA BENJAMIN NETANYAHU PRIMO MINISTRO ISRAELIANO
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe comunicato al presidente americano Donald Trump la sua disponibilità a ordinare nuovi raid militari contro l’Iran, qualora Teheran prosegua con il proprio programma nucleare. È quanto riporta il Wall Street Journal, secondo cui il colloquio tra i due leader si sarebbe svolto alla Casa Bianca in un clima teso, segnato da strategie divergenti.
Trump, pur dichiarandosi favorevole a una soluzione diplomatica con l’Iran, non avrebbe espresso un’opposizione netta all’ipotesi di nuovi attacchi militari, considerandola uno strumento di pressione per ottenere un accordo più restrittivo sul nucleare. Lo stesso presidente, secondo fonti anonime israeliane citate dal giornale, spererebbe di usare la minaccia di raid militari per forzare Teheran a firmare un’intesa che blocchi ogni sviluppo di un’arma atomica.
Tuttavia, l’esecutivo israeliano sembrerebbe determinato ad agire in autonomia. «Israele potrebbe non chiedere un via libera esplicito da parte americana prima di colpire», avrebbe affermato un alto funzionario israeliano. La dichiarazione riflette la linea dura di Netanyahu, che considera il programma nucleare iraniano una minaccia esistenziale per lo Stato ebraico.
Il confronto tra i due leader avviene in un momento di grande delicatezza per il Medio Oriente, già attraversato da tensioni legate alla guerra a Gaza, agli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso e alla crescente influenza iraniana nella regione. Il ritorno al potere di Trump, dopo la campagna elettorale, potrebbe influenzare sensibilmente la politica estera americana e i rapporti con Israele, che da sempre considera la questione iraniana come prioritaria.
Nel frattempo, sul fronte interno, un giudice federale ha ordinato all’amministrazione Trump di interrompere gli arresti indiscriminati di immigrati nella California meridionale e di garantire pieno accesso agli avvocati per i detenuti in una struttura di Los Angeles. La decisione arriva dopo una causa intentata da gruppi di difesa dei diritti degli immigrati, che accusano il governo di aver preso di mira in modo sistematico persone con la pelle scura durante le operazioni di repressione.
Il Dipartimento di Sicurezza Nazionale ha respinto ogni accusa, definendole «disgustose e categoricamente false». Ma l’ordinanza del giudice rischia di alimentare un nuovo scontro politico e giudiziario su uno dei temi più divisivi dell’era Trump: l’immigrazione.