Dopo aver tentato in diverse occasioni di portare il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, sul sentiero della pace offrendogli varie specialità di carote, fra cui lo stop alle forniture militari per l’Ucraina, Trump si prepara a usare il suo set di bastoni per provare a convincere Putin a far tacere le armi.

Il presidente degli Stati Uniti, che si è detto «deluso» da Mosca ha annunciato l’intenzione di rilasciare una «dichiarazione importante» sulla Russia lunedì, «Succederà qualcosa, vedrete» ha chiosato il prsidente Usa. Giovedì Trump ha dichiarato di aver raggiunto un accordo con la Nato sulla base del quale gli Usa invieranno armi all’Ucraina tramite l’Alleanza atlantica. «Invieremo armi alla Nato, e la Nato pagherà tali armi al cento per cento», ha annunciato Trump, «invieremo i Patriots alla Nato, e poi la Nato li distribuirà». Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, si è reso subito disponibile. «Sto discutendo con il governo americano e il presidente Donald Trump su questa opzione», ha detto Merz a margine della Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, «siamo pronti ad acquistare ulteriori sistemi Patriot dagli Stati Uniti e a metterli a disposizione dell’Ucraina. Giovedì scorso ne ho parlato con Trump, chiedendogli di fornire questi sistemi. Gli statunitensi ne hanno bisogno. Ma ne hanno anche moltissimi». L’iniziativa di Merz ha raccolto il plauso dell’inviato speciale per l’Ucraina, Keith Kellogg, che da lunedì sarà a Kiev. Secondo Gianluca Pastori, ricercatore senior associato all’Ispi e professore di Scienze politiche e sociali presso l’Università Cattolica di Milano e di Brescia, «sembrerebbe che dalla carota si sia passati al bastone. Bisogna però premettere che con Trump non è mai chiaro quale sia la strategia, bisognerebbe vedere nei prossimi giorni se la volontà di usare il bastone rimarrà o verrà annacquata. Gli ultimi 6 mesi in Ucraina sono stati molto deludenti per l’amministrazione statunitense. La pace non è arrivata in 24 ore come promesso e non è nemmeno in vista.

Questo per Trump è un problema di credibilità internazionale, di credibilità sul fronte interno e soprattutto è un problema perché tiene ingabbiati gli Stati Uniti in un teatro che per Washington è dichiaratamente marginale». Lunedì Trump ha annunciato di fare un’importante dichiarazione sulla Russia, «se veramente si aspettasse che la Russia abboccasse a una minaccia non concreta sarebbe molto ingenuo», spiega Pastori, «abbiamo visto che Putin in questi anni non si è fatto spaventare da alcuna minaccia, anzi di fronte alle minacce Putin alza la posta. Non credo che se Trump non avesse intenzione di fare qualcosa ne avrebbe parlato, è probabile che qualcosa sarà fatto. È significativo il fatto che si parli di aiutare l’Ucraina attraverso la Nato, così l’amministrazione Usa vuole attestarsi i meriti scaricando i costi su qualcun altro».

L’annuncio potrebbe riguardare eventuali sanzioni imposte alla Federazione, «le sanzioni economiche sono uno strumento che funziona solo in tempi lunghi, dipende quali tipologie si introducono e quali settori vengono colpiti, se dovessero esserci avrebbero il valore di un messaggio alla Russia: “attenzione che stiamo facendo qualcosa”. Non bisogna però aspettarsi che quel messaggio produca effetti immediati», prosegue l’esperto, «Trump ha necessità di uscire dalla questione ucraina il prima possibile, deve occuparsi di altro, sia perchè lo vogliono gli elettori sia perché oggettivamente gli Usa hanno interessi marginali nella sicurezza dell’Ucraina. Quello che la Casa Bianca cercherà di fare sarà tenere le due parti ingaggiate il più possibile, con quello che si è visto fin’ora, un misto di blandizie e minacce, di concessioni e pressioni anche abbastanza forti. Tenuto conto però che questa strategia funziona molto meglio sull’Ucraina che sulla Russia, che è in altre condizioni e può permettersi tirarla in lungo, a differenza dell’Ucraina».

Questa settimana si è tenuta a Roma la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, a cui per gli Stati Uniti ha partecipato l’inviato speciale, Keith Kellogg, mentre il segretario di Stato, Marco Rubio, ha incontrato il ministro degli Esteri Russo, Sergei Lavrov, a Kuala Lumpur.

«Da un lato c’è la componente di tenere il piede in due scarpe e dall’altro il voler dare un segnale della maggiore importanza data alle relazioni bilaterali piuttosto che ai forum internazionali», continua Pastori, «il punto di vista di Trump è ideologico, è una critica al multilateralismo come idea. Secondo Trump le relazioni internazionali le fanno gli Stati dialogando tra loro, non i fori multilaterali o le organizzazioni internazionali» ma «la cosa più significativa in questo momento è il modo in cui i paesi europei e la Nato in generale si stiano allineando alle posizioni americane. Dopo che si è parlato tanto di protagonismo europeo, di sviluppo di una capacità militare dell’Europa e di una minore dipendenza della sicurezza europea da quella statunitense, negli ultimi mesi si è assistito al contrario. Trump è stato molto abile a sfruttare le divisioni che ci sono all’interno del fronte europeo, quello che si temeva all’inizio, ha giocato sul dividi et impera, e la strategia ha pagato».