Che Emanuel Macron e Giorgia Meloni siano costretti a fare la pace, o almeno a provarci con massima serietà, è evidente. Cosa obblighi a invertire la tendenza due leader che d'accordo non sono mai riusciti ad andare lo è un po' meno, o lo è solo in parte. Ci sono i dazi di Trump, certo. Sono una minaccia per l'intera Unione ma affrontare la durissima trattativa con il tycoon divisi equivarrebbe a mettere la testa, collettivamente, sotto la mannaia.

L'Eliseo, alla vigilia dell'incontro di ieri a Roma, aveva chiarito che la materia più delicata sul tavolo sarebbe stata, prevedibilmente, la missione di pace dei Volenterosi (prossima ventura e molto eventuale) tanto voluta dal francese quanto bocciata dall'italiana. All'interno del dossier Parigi ha segnalato in particolare la determinazione dell'Italia e di altri Paesi europei a non muoversi senza la presenza anche degli americani. E' però evidente che parlare dei rapporti con Washington riguardo alla sicurezza dell'Ucraina significa per forza fare il punto anche sulla linea della Ue nel braccio di ferro sui dazi.

Del resto anche sull'Ucraina l'esigenza di trovare una posizione comune con lo sfuggente Donald sulle nuove sanzioni contro Putin è imperativa. Insomma va da sé che l'ingrediente Trump è fondamentale per il mastice che dovrebbe tenere unite Francia e Italia. Ancor più ovviamente c'è Putin e proprio sull'Ucraina e sullo schieramento senza ambiguità di sorta a fianco di Kiev si basa il riavvicinamento, dopo il ritorno all'ovile europeo della premier italiana dopo un attimo di sbandamento. Ma proprio a partire dai rapporti con la Russia e dalla necessità di fronteggiare quella che in Europa è chiaramente avvertita come una concreta e imminente minaccia si snoda un ulteriore necessità di unione tra i due principali Paesi mediterranei d'Europa. Quella meno confessabile perché tutta interna ai rapporti di forza nell'Unione e nel Continente ma non la meno rilevante.

È stata sin troppo evidente, negli ultimi giorni, la differenza di toni tra il Regno Unito di Starmer e la Germania di Merz da un lato, Francia e Italia dall'altro. L'inglese e il tedesco adoperano ormai toni quasi belligeranti. Starmer esorta a essere pronti per la guerra. Merz ha fatto della Germania il Paese più radicale nel sostegno all'Ucraina, parte che a lungo era spettata all'Italia e alla Polonia. Non si tratta solo di parole. Il tedesco, aggirando le interminabili discussioni prolungatesi per mesi, ha deciso d'impeto e d'autorità di fornire a Kiev le armi a lunga gittata in grado di colpire il territorio russo in profondità. È significativo che lo abbia fatto come cancelliere tedesco, dribblando l'Unione nel complesso e senza aspettare il Consiglio europeo di fine giugno.

L'Italia è su una posizione diversa, ferma nel reclamare ' una pace giusta e duratura' ma molto meno bellicosa e più decisa a puntare invece sulla diplomazia, a partire da quella sin qui ben poco efficace del presidente degli Stati uniti. La novità è che lo stesso Macron, fino a poche settimane il più falco di tutti, sembra aver cambiato strategia e appare oggi più vicino alla posizione italiana che non a quella degli armigeri tedeschi e inglesi.

È questione di strategia politico- diplomatica ma anche di interesse materiale. Nell'Unione la Germania è il solo Paese che, grazie al suo spazio fiscale molto superiore nonostante la crisi a quello degli altri Paesi principali, possa riarmare. Per la seconda e terza potenza della Ue, appunto Francia e Italia, il riarmo, con le regole date e sulle quali il cancelliere tedesco non cede per ora di un palmo, sarà un salasso molto doloroso ma che comunque non basterà a raggiungere quella Germania che Merz intende rendere in tempi brevi la principale potenza militare europea.

In queste condizioni parlare di Europa a guida franco- tedesca è una celia: la tolda di comando dell'Unione sarà tedesca, quella del Continente anglo- tedesca. Senza sminuire il condizionamento che esercitano sui nuovi promessi sposi la minaccia dell'esoso presidente americano e del vorace autocrate russo è anche in misura notevole l'esigenza di controbilanciare la spinta tedesca, a metà strada tra il militare e l'industriale, e quella inglese che avvicina oggi gli eterni duellanti.

Davvero concordi Emmanuel e Giorgia non lo saranno probabilmente mai: basti citare Gaza e il rapporto con Washington per segnalare la portata degli elementi di dissenso. Ma almeno per un po' saranno costretti ad andare a braccetto.