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Con il faccia a faccia nella capitale, Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron hanno fatto il primo passo concreto verso un rinsaldamento dei rapporti da quando le rispettive strade politiche si sono incrociate. Un tentativo di voltare pagina, dunque, dopo mesi di tensioni.
E in effetti chi era a Palazzo Chigi afferma di aver percepito un clima diverso dalle altre volte: più cordiale, disteso anche nel body language, con i due protagonisti dell'incontro che sono sembrati meno freddi e più a proprio agio delle altre volte. L'appuntamento, secondo quanto confermato anche nei giorni scorsi da fonti dell'Eliseo, si è concretizzato per impulso del presidente transalpino, per rilanciare il dialogo con Roma in un momento cruciale per l’Europa e alla vigilia di un possibile disimpegno degli Stati Uniti sotto una nuova amministrazione Trump.
Tra i fattori propizi al riavvicinamento, la comune preoccupazione per l’"incognita americana", soprattutto sul fronte ucraino. La variabile Trump – con il suo atteggiamento imprevedibile verso la NATO e la guerra in Ucraina – ha fatto scattare "la molla" per un confronto urgente e franco tra Italia e Francia, entrambi Paesi fondatori dell’Unione e attori chiave nel G7. Ma c'è anche una questione interna all'Europa, con le iniziative assunte dal Cancelliere tedesco Merz sul riarmo del suo paese, possibile alle nuove regole di bilancio, e all'attivismo del primo ministro britannico Starmer, che ha usato toni sempre più allarmanti sulla possibilità di una guerra con la Russia.
L’obiettivo dichiarato del bilaterale era «costruire un’Europa più sovrana, più forte e più prospera». Sul tavolo: difesa comune, competitività, relazioni transatlantiche, immigrazione e finanziamento delle priorità strategiche dell’Ue in vista del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale. Secondo fonti italiane, Meloni e Macron sono «in prima linea» su tutti i grandi fronti internazionali, e condividono «profondi legami bilaterali e una collaborazione economica di livello strategico».
Certo, dietro le dichiarazioni di buona volontà resta il peso delle incomprensioni passate. I più recenti attriti risalgono al vertice dei “volenterosi” di Tirana, da cui l’Italia era rimasta fuori. Meloni aveva spiegato che Roma non intende inviare truppe in Ucraina e dunque non aveva senso partecipare a formati con obiettivi non condivisi. La replica di Macron era stata secca: «Fake news», smentendo che l’invio di truppe fosse all’ordine del giorno. Uno scambio che aveva riacceso vecchie frizioni, già viste in passato su dossier come l’immigrazione. Ora si tenta il reset.
La stessa premier italiana, parlando da Astana pochi giorni fa, ha cercato di disinnescare i toni polemici: «Molte volte ci siamo trovati d’accordo, altre meno... ma siamo due leader che si confrontano, ci siamo visti tantissime volte, ci vedremo anche questa». E ancora: «Italia e Francia sono due Nazioni amiche, alleate. I leader discutono anche animatamente, ma questo non compromette i rapporti tra i Paesi». Non è una caso che, all'interno del centrodestra, Fratelli d'Italia sta ammorbidendo il proprio giudizio su Macron, contro il quale invece mantiene toni duri la Lega di Matteo Salvini.
Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli ha salutato con entusiasmo il bilaterale: «In passato c’erano stati dei fraintendimenti, anche attacchi da parte di ministri francesi. Ma il rapporto tra i nostri Paesi è troppo importante. Anche Macron lo ha capito». Il quotidiano economico francese Les Echos ha definito la visita a Roma «un segno di pacificazione dopo mesi di tensioni». Ma precisa che i rapporti tra Meloni e Macron restano tuttora tesi e che il dialogo è dettato più dal pragmatismo che da un’armonia politica. Segno che la diffidenza reciproca non è del tutto superata, ma piuttosto accantonata in nome della Realpolitik.
C'è però un solido appiglio giuridico a questa operazione: il Trattato del Quirinale, l’accordo di cooperazione rafforzata firmato nel 2021 tra i due Paesi, a suo tempo osteggiato dalla destra ma oggi un possibile alleato del governo. Nessun armistizio, però: sarebbe più corretto parlare piuttosto di un tentativo di ripartenza. Macron e Meloni si sono messi al tavolo in un momento in cui le incognite internazionali – dalla tenuta della NATO alle mosse di Putin – impongono ai leader europei di mettere da parte le divergenze. Non è un’alleanza, forse nemmeno una vera intesa. Ma in tempi turbolenti, il disgelo può bastare.