«Mi piacerebbe essere Papa, sarebbe la mia prima scelta». Così risponde con una battuta Donald Trump ai giornalisti che gli hanno chiesto chi vorrebbe vedere come prossimo Pontefice. «Non lo so, non ho preferenze» ha poi continuato più serio. «Devo dire che abbiamo un cardinale in un posto chiamato New York che è molto bravo. Vedremo quello che succede», ha aggiunto riferendosi all'arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Dolan, che ha guidato la preghiera all'insediamento del presidente lo scorso gennaio.

Speculazioni su Arborelius

Le speculazioni sulle possibilità che possa diventare Papa erano «iniziate già un po' prima e questo è sempre fastidioso». Così il cardinale svedese Anders Arborelius, arcivescovo di Stoccolma - e tra i papabili - in una intervista al Catholic News Service. Il porporato non ci sta alle polemiche riguardo possibili divisioni nella Chiesa. «Molte persone hanno ricevuto questa visione della Chiesa dai media, non dalla Chiesa», afferma. «E nei media si viene sempre classificati come "di sinistra" o "di destra" o altro». Occorre invece avere «uno sguardo di fede, non di opinioni politiche» avvertendo sul pericolo di guardare la Chiesa con «gli occhiali politici».

Conclave il 7 maggio, nomi e scenari

Sul prossimo conclave che eleggerà il successore di papa Francesco si affaccia uno scenario tanto inatteso quanto controverso: il presidente americano Donald Trump può davvero influenzare la scelta del prossimo pontefice? Non è un mistero che una parte significativa dell'episcopato statunitense abbia guardato con crescente insofferenza al pontificato di Bergoglio. La sua apertura verso migranti, clima, sinodalità e inclusione delle donne e omosessuali ha scosso i vertici di una Chiesa americana che, in alcune sue componenti, è diventata negli anni un baluardo culturale e spirituale del trumpismo.

Cardinali come Raymond Leo Burke, già noto per il suo tradizionalismo liturgico e le critiche al papa defunto, ex prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, e Timothy Dolan, arcivescovo di New York, sono sostenuti da reti ecclesiali, think tank e fondazioni americane che hanno forti legami con ambienti conservatori vicini a Trump. Questi gruppi, spesso definiti "Maga Catholics", non nascondono la loro ambizione: promuovere un papato più rigido su dottrina morale, bioetica e ordine ecclesiale. Il cardinale Dolan è considerato una figura vicina a Trump e ha avuto un ruolo significativo nelle cerimonie ufficiali legate alla sua presidenza. Dolan, inoltre, ha avuto interazioni personali con Trump in più occasioni.

Altri cardinali statunitensi sono allineati su posizioni più progressiste. L'arcivescovo di Washington, Robert Walter McElroy, è noto per le sue posizioni di apertura su temi morali e sociali. Ha criticato l'uso dell'Eucaristia come strumento politico e ha sostenuto una Chiesa più inclusiva e orientata verso i poveri e gli emarginati. Papa Francesco lo ha nominato cardinale nel 2022, confermando la sua affinità ideologica con il pontificato attuale. Primo cardinale afroamericano, anche Wilton Daniel Gregory è considerato dalla stampa anti-Trump, così come Blase J. Cupich, arcivescovo di Chicago, sostenitore della sinodalità e della riforma della Chiesa: ha promosso un approccio pastorale inclusivo, affrontando temi come la giustizia sociale, l'immigrazione e i diritti delle donne. Figura di spicco tra i cardinali progressisti americani anche James F. Tobin, arcivescovo di Newark, noto per il suo impegno in favore dei diritti umani e della giustizia sociale. Ha sostenuto le politiche di papa Francesco su temi come l'accoglienza dei migranti e la lotta alla povertà.

Le alleanze in conclave - scrive l'Adnkronos - si formano su criteri geografici, culturali e strategici e l'ala conservatrice su cui si estende l'ombra trumpiana - minoritaria ma ben organizzata - punta su profili alternativi: non solo Burke, ma anche figure come Robert Sarah (Guinea) o Péter Erdő (Ungheria), entrambi vicini a sensibilità più tradizionali.

Un papato sensibile ai temi trumpiani avrebbe inevitabili impatti geopolitici: irrigidimento verso la Cina (dove Francesco ha cercato dialogo), un raffreddamento dei rapporti con l'Islam moderato e un possibile riavvicinamento alla destra cristiana europea. Inoltre, potrebbe ridurre l'impegno del Vaticano su temi 'progressisti' come l'ecologia integrale o la giustizia migratoria.

Secondo gli osservatori di cose vaticane, l'idea che Trump possa influenzare il conclave non va interpretata in senso letterale, ma come riflesso di una dinamica globale in cui la religione torna a essere campo di battaglia ideologica.