Il caso Salis ha mandato in tilt le migliori menti liberali del Paese. Prendete Francesco Borgonovo, il brillante vicedirettore della Verità che di solito è assai attento ai principi del garantismo, almeno con gli amici. Ecco, facendo strali della presunzione d'innocenza, Borgonovo dedica una pagina intera ai (presunti) reati commessi da Salis - neanche fosse un brogliaccio della questura -, mentre non spende neanche una riga per spiegare le assai precarie condizioni della giurisdizione ungherese. Che invece non sono sfuggite al presidente della Repubblica Sergio Mattarella visto che, nel corso della telefonata di ieri col papà di Ilaria Salis, ha chiarito la differenza tra il nostro sistema giudiziario, «ispirato ai valori europei», e quello ungherese che, evidentemente, si ispira ad altro.

E che dire del Foglio? Il faro neo-illuminista del nuovo millennio (e sia detto senza alcuna ironia) sembra ansioso di paragonare le condizioni detentive dei nostri istituti di pena coi gulag ungheresi, concludendo che sì: le pessime condizioni delle nostre galere non hanno nulla da invidiare alle celle di Orbàn. Il che, lasciatecelo dire, ci sembra un tantino esagerato. Anche perché noi del Dubbio abbiamo la fortuna di avere con noi Damiano Aliprandi, un'autorità in materia, uno che ogni giorno fa pelo e contropelo al nostro sistema carcerario. E anche lui, dati alla mano, ha dimostrato che il paragone non regge e che, vivaddìo, noi avremo anche il 41bis e il dramma del sovraffolamento, ma di là, nelle prigioni in cui “alloggia” Salis, la situazione è assai peggiore.

Giusto un paio di esempi che aiutano a capire di che parliamo: «Il codice di procedura penale ungherese stabilisce che per reati punibili con oltre un decennio di carcere, come nel caso di Salis, la carcerazione preventiva può durare fino a quattro anni e si può arrivare a cinque anni per chi rischia l'ergastolo privo, peraltro, di qualsiasi possibilità di libertà condizionale».

Insomma, non siamo l’Ungheria, come ha ricordato sempre Aliprandi su queste pagine, anche perché la legge del ‘75 ha posto l'Italia all'avanguardia. Questo non vuol dire che abbiamo risolto i problemi. Anzi, ultimamente le cose stanno peggiorando in modo drammatico, e potete star certi che questo giornale non abbasserà mai la guardia.

Ma torniamo all’Ungheria. Vogliamo parlare delle libertà, dei diritti e delle garanzie ungheresi? Ecco, per chi avesse ancora qualche dubbio potrebbe andare a sfogliare uno degli ultimi rapporti che l'Ue ha dedicato alle condizioni dello Stato di diritto del buon vecchio Viktor Orban. Sentite qui: «L'Unione - è scritto in premessa nel rapporto del 2023 - si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze». Mentre «da vari anni lo Stato di diritto si sta deteriorando in Ungheria a seguito delle azioni sistematiche del suo governo».

Poi l’elenco delle nefandezze: «L'applicazione di regimi giuridici speciali ha consentito al governo ungherese di legiferare attraverso decreti di emergenza per oltre tre anni, con il pretesto di varie circostanze eccezionali». Come se non bastasse è stato dichiarato lo stato di pericolo in risposta alla guerra in Ucraina «e tale stato è stato recentemente prorogato».

E ancora: il 2 marzo 2023 il governo ungherese ha presentato un progetto di legge sullo stato giuridico del personale dell'istruzione pubblica «che limita drasticamente il diritto alla libertà di espressione degli insegnanti e i loro diritti del lavoro e sociali»; iIl 3 maggio 2023 l'Assemblea nazionale ungherese ha approvato un pacchetto di riforma del sistema giudiziario senza un controllo parlamentare o una consultazione pubblica adeguati; l'11 aprile 2023 l'Assemblea nazionale ungherese ha adottato una nuova legislazione che consente ai cittadini di segnalare le attività che sono «contrarie allo stile di vita ungherese e alla Legge fondamentale» come quelle che «violano il ruolo del matrimonio e della famiglia riconosciuto dalla Costituzione»; inoltre i media indipendenti e le organizzazioni della società civile hanno segnalato un aumento dell'eccessivo ricorso alla forza e alla detenzione arbitraria da parte della polizia ungherese durante le recenti proteste, in particolare nei confronti dei minori e dei politici eletti.

Il rapporto ha infine concluso che «l'Ungheria non soddisfa le condizioni abilitanti orizzontali relative alla Carta per quanto riguarda l'indipendenza del potere giudiziario e le disposizioni di varie leggi che presentano gravi rischi per i diritti delle persone LGBTIQ+, la libertà accademica e il diritto di asilo».

Conclusione, «l’Ue è profondamente preoccupata per l'ulteriore deterioramento dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali in Ungheria». Di più, «esprime sgomento per i metodi di intimidazione, come le visite della polizia segreta presso gli uffici di alcune imprese».

Basta tutto questo per spiegare cosa accade dalle parti dell'amico Orbàn? Eppure per qualcuno il fatto che Salis sia di sinistra è più grave della deriva putinista del leader ungherese. È proprio vero: l'anticomunismo, ogni tanto, annebbia la vista e fa più danni dell'antiberlusconismo. Ed è un peccato perché sono entrambi morti e sepolti. Sarebbe ora di andare avanti e di contrastare insieme chiunque voglia umiliare lo Stato di diritto. E Orban è uno di questi, lo ha capito anche il Quirinale.