La decisione del tribunale di Budapest di non concedere gli arresti domiciliari a Ilaria Salis era nell’aria. Non mancava, però, neppure la speranza di un provvedimento diverso rispetto alla deriva giustizialista – le immagini della nostra connazionale con le manette ai polsi e alle caviglie fanno rabbrividire – e di ottusa esaltazione della sovranità nazionale. Una impostazione che cozza con lo spirito di appartenenza all’Unione europea e con gli obblighi che ne derivano.

L’Ungheria ha intrapreso un percorso legislativo oggetto numerose volte di richiami da parte dell’Europa. Il primo ministro Viktor Orban ha spesso messo in discussione lo Stato di diritto. L’ultimo intervento in ordine di tempo ha riguardato l’Ufficio per la difesa della sovranità nazionale, previsto da una legge approvata dal Parlamento ungherese il 12 dicembre 2023 ed entrata in vigore dieci giorni dopo. Il nuovo organismo ha il compito di indagare sulle attività svolte nell’interesse di un altro Stato o di un altro soggetto, un’organizzazione o una persona fisica straniera, qualora possano violare o compromettere la sovranità dell’Ungheria. Possono essere attenzionate pure le organizzazioni che utilizzano finanziamenti esteri che svolgono attività tali da influenzare l’esito delle elezioni ungheresi. Un modo di legiferare inquietante che presenta dei punti di contatto con la legge entrata in vigore nel 2022 in Russia sui cosiddetti “agenti stranieri”. In quel caso a farne le spese sono stati i giornali e le associazioni che si occupano della difesa dei diritti umani.
La legge sull’Ufficio per la difesa della sovranità prevede nello specifico il divieto per i candidati, i partiti politici e le associazioni che partecipano alle elezioni di utilizzare finanziamenti esteri che potrebbero condizionare o tentare di influenzare la volontà degli elettori. L’intervento della Commissione europea non si è fatto attendere. La legge ungherese, ha evidenziato Bruxelles, «viola diverse disposizioni del diritto primario e derivato dell’Ue», oltre ad essere «in contrasto con diversi diritti fondamentali» indicati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, come, per esempio, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, il diritto alla protezione dei dati personali, la libertà di espressione e di informazione, la libertà di associazione, i diritti elettorali dei cittadini dell’Unione europea.

Poiché l’Ufficio per la sovranità è contrario al diritto dell’Unione europea ed è in violazione dello Stato di diritto, la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione. Una scelta che ricalca decisioni analoghe con al centro sempre la legislazione liberticida dell’Ungheria di Orbán e che di recente ha portato al congelamento di 21 miliardi di euro di fondi europei bloccati per le ripetute violazioni dello Stato di diritto.
Sulla legge ungherese riguardante la protezione della sovranità nazionale è intervenuta la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa con un apposito parere, richiesto dal Comitato di monitoraggio dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nel quale si esprimono diverse riserve. «Il parere – scrive il Consiglio d’Europa - constata che la legge che estende il divieto di ricevere finanziamenti stranieri, il quale si applicava in passato solo ai partiti politici e che stabilisce un nuovo reato penale denominato “influenza illegale della volontà degli elettori”, è compatibile con le norme internazionali a condizione che le disposizioni siano emendate in modo da prevedere determinate eccezioni alle nuove restrizioni e definizioni più precise».

In riferimento alla creazione del nuovo organismo emergono forti perplessità. «In relazione all’altra parte della legge – aggiunge il Consiglio d’Europa -, che istituisce l’Ufficio per la protezione della sovranità, il parere mette in discussione le basi giuridiche di tale Ufficio in quanto protettore della “identità costituzionale” essendo incaricato di proteggere la “sovranità nazionale”. In uno Stato democratico le minacce identificate nella giustificazione della legge sono normalmente contrastate attraverso le istituzioni ordinarie dello Stato, come i tribunali e le forze dell’ordine, il che offre garanzie contro le interferenze nell’esercizio dei diritti fondamentali. L’Ufficio per la protezione della sovranità non dovrebbe sconfinare nelle competenze costituzionali di queste istituzioni. La Commissione di Venezia non vede la necessità di istituire questo nuovo organo». Parole inequivocabili sulla deriva antidemocratica dell’Ungheria di Viktor Orbán.