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LUCA CIRIANI MINISTRO
Se il tasso di ingenuità di un politico fosse direttamente proporzionale alla sua integrità, il ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani sarebbe certo una delle figure più specchiate di questa legislatura. Perché dall’ennesima folata di polemiche sulla settimana lavorativa del legislatore, si evince chiaramente come Ciriani sia caduto incautamente in una piccola trappola, non avendo adeguatamente ponderato ciò che succede quando si toccano terreni estremamente soggetti al populismo o all’istinto opportunista di alcuni leader politici.
E così l’esponente friulano del governo, stando alle ricostruzioni di alcuni suoi colleghi deputati, si è presentato in conferenza dei capigruppo facendosi latore di una proposta che, nell’attuale configurazione della settimana parlamentare, può essere definita abbastanza logica: concentrare il rito trito delle interpellanze parlamentari come appendice della sessione pomeridiana del giovedì, giorno in cui generalmente si svolgono le ultime votazioni.
Attualmente, questo tipo di sindacato ispettivo si svolge quasi sempre di venerdì, con l’aula inevitabilmente deserta, visto che all’ordine del giorno non vi è alcun provvedimento da esaminare né tantomeno da sottoporre a votazione. Ne risulta un quadro a tratti mesto, con un membro di sottogoverno, un presidente di turno e un interpellante, quasi perduti nel vuoto dell’emiciclo. Lo stesso vuoto che spesso viene sottolineato con sdegno da alcuni parlamentari (si distingue in questo il dem Filippo Sensi) quando il lunedì (altra giornata senza votazioni e dunque a ranghi ridottissimi) si svolgono dei dibattiti su questioni importantissime, nell’indifferenza generale.
Qualche esponente dell’esecutivo, magari complice l’appressarsi del periodo balneare, deve avere fatto presente a Ciriani che la coperta dei sottosegretari è corta – a differenza di quella dei parlamentari – e sarebbe più di buonsenso far svolgere le interpellanze quando il grosso dei membri delle Camere (tra cui vi sono la maggior parte dei sottosegretari) sono ancora nella Capitale. Apriti cielo: nel giro di pochi minuti gli esponenti dell’opposizione presenti alla famigerata riunione dei capigruppo hanno spifferato tutto per mettere in cattiva luce la maggioranza, ben sapendo che l’equazione col politico-fannullone avrebbe avuto facile presa sui lettori dei quotidiani.
Se a questo aggiungiamo la bulimia di consenso e visibilità che caratterizza, ad esempio, un leader come Matteo Salvini, la “frittata” è stata completata dalle dichiarazioni del leader leghista che lisciavano il pelo al vecchio adagio del “magna magna”. Inevitabile, infine, è arrivato il dietro-front di Ciriani, giustamente terrorizzato dalla prospettiva di essere additato dall’opinione pubblica come colui che vuole la settimana corta per i politici.
I cittadini, giacché il tema è tornato d’attualità, andrebbero a questo punto informati in modo più esaustivo. L’opposizione e Salvini, potrebbero ad esempio spiegare che la settimana corta, di fatto, è già in vigore, se il lunedì e il venerdì si assiste generalmente ad una messa in scena con qualche sparuta comparsa. E se volessero andare fino in fondo nel loro proposito efficentista, potrebbero chiedere che le votazioni vengano previste in tutti e cinque i giorni feriali, non solo il martedì, mercoledì e giovedì.
In quel caso, sarebbe lecito dubitare della vis polemica del “corpaccione” parlamentare, che avrebbe solo due giorni per riprendersi dalle fatiche lavorative. Esattamente come i comuni mortali: se demagogia sia, lo sia con un obiettivo giusto e concreto.