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Ciro Grillo
«Per loro la donna è zero». Così ha parlato l’avvocato Giulia Buongiorno nell’aula di Tempio Pausania, mentre il procuratore Gregorio Capasso, con la coscienza di essere chiamato a un ruolo scomodo di un processo “difficilissimo”, chiedeva la condanna a nove anni di reclusione per Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia, accusati di aver esercitato violenza sessuale di gruppo nei confronti di due ragazze, Silvia e Roberta.
Qualcosa di brutto è sicuramente successo, in quella notte di sei anni fa, nella villetta di Beppe Grillo a Porto Cervo. Ai giudici ora il compito più delicato, quello di verificare l’esistenza del consenso ai rapporti sessuali, il crinale che separa la libera scelta dalla violenza. Quel che è certo, e lo ha ben rappresentato il procuratore, è che questi ragazzi e queste ragazze stanno tuttora pagando con vite rovinate una notte di bevute e baldoria poi finita in tragedia. Ora si fanno i conti con la loro vita di adulti.
Uno di loro, Ciro, in lacrime, racconta di sé come persona già diversa, la laurea in giurisprudenza, il praticantato, la prossima paternità di una bambina. E già potrebbe essergli utile a una vera riabilitazione, il pensiero di quel che potrebbe capitare a sua figlia in una certa notte tra 18 anni, se incontrasse, mentre è un po’ sbronza, ragazzi come erano lui e i suoi amici. Se i giudici li considereranno colpevoli, forse non potranno essere nove anni di noia in cella a rieducarli. Ma magari un soggiorno in un Centro per le donne maltrattate sarebbe più utile. A capire che la donna non è zero. Se mai è zero chi le fa del male.