PHOTO
Carceri
I numeri parlano chiaro e sono impietosi: al 31 agosto 2025 i detenuti nelle carceri italiane sono 63.167, ben 598 in più rispetto ai 62.569 del mese precedente. In un solo mese, mentre la politica andava in vacanza, quasi seicento persone in più si sono aggiunte a un sistema penitenziario già al collasso. Il tasso di affollamento ha raggiunto il 134,3%, con circa 16mila persone che non hanno nemmeno un posto letto regolamentare. La capienza regolamentare resta inchiodata a 51.274 posti ( con un aumento risibile di soli 26 posti rispetto a luglio), ma da questa cifra vanno sottratti i 4.559 posti non disponibili per inagibilità o ristrutturazioni. Facendo i conti, abbiamo 12mila detenuti in più rispetto alla capienza. Una situazione che trasforma la detenzione in tortura quotidiana.
IL GRIDO: “IL TEMPO È VITA”
Rita Bernardini, presidente di Nessuno tocchi Caino, è in sciopero della fame da 25 giorni, mentre «la politica è andata in vacanza senza muovere un dito sulla condizione delle carceri». Le sue parole risuonano come un atto d’accusa verso istituzioni sorde: «Il tempo morto e di morte delle istituzioni italiane. In questo 2025 tutta la politica è andata in vacanza senza muovere un dito sulla condizione delle infami carceri italiane, vergogna per uno Stato di Diritto di un Paese che continua a volersi definire democratico».
Bernardini ha colto tutti i segnali di apertura offerti dalle istituzioni: dal presidente del Senato Ignazio La Russa al vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, fino alla visita di Ferragosto con il vicepremier Matteo Salvini a Rebibbia. Ma nulla di concreto è stato fatto. «Deciderò il 10 settembre, quando il Parlamento riaprirà e sarò al 30esimo giorno, se ci saranno o meno le condizioni di dialogo vero per sospenderlo o proseguirlo». Il suo appello riecheggia le parole di Marco Pannella: «Hic et nunc», qui ed ora. Perché «in carcere i detenuti con il tempo ci fanno i conti minuto dopo minuto. L’attesa di una risposta che non arriva per vedere riconosciuti i propri diritti è mortifera».
QUANDO I NUMERI DIVENTANO SOFFERENZA
Analizzando nel dettaglio i dati forniti dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, emerge un quadro drammatico che va ben oltre le medie nazionali. Sono 62 gli istituti dove il tasso di affollamento supera il 150%, mentre in 8 carceri si va oltre il 190%. Milano San Vittore guida questa classifica dell’orrore con un tasso del 236% nel reparto femminile, seguito da Foggia ( 214%) e Milano San Vittore maschile ( 213%).
Il Dap e il Garante nazionale continuano a sostenere che le persone detenute in meno di 3mq sono praticamente inesistenti. Ma c’è un trucco: l’Applicativo informatico spazi/ detenuti non sottrae dalla superficie delle celle gli arredi fissi come i letti a castello, che occupano in media 1,8mq. La Cassazione invece è chiara: vanno detratti tutti gli arredi «tendenzialmente fissi al suolo». Il risultato? Più di 4.000 ricorsi per condizioni degradanti vengono accolti ogni anno dai tribunali italiani.
In tutto questo si inseriscono anche le morti in carcere. Da ricordare che nel 2024 rispetto al 2023 i tentativi di suicidio sono cresciuti del 9,3 per cento. Nel 2024 si sono suicidate almeno 91 persone che si trovavano in carcere, il dato più alto mai registrato. Da gennaio ad a fine agosto di quest’anno sono già 58 i suicidi, 11 solo tra giugno e luglio. Il più giovane aveva appena 20 anni, morto a Barcellona Pozzo di Gotto. Il 70% dei suicidi avviene in sezioni a custodia chiusa. Ogni 100 detenuti, 22,3 commettono atti di autolesionismo ( erano 17,4 un anno fa). I tentati suicidi sono 3,2 ogni 100 detenuti ( erano 2,3). L’uso di psicofarmaci è endemico: il 14,2% dei detenuti ha diagnosi psichiatriche gravi, il 21,7% assume regolarmente antipsicotici o antidepressivi, il 45,1% assume sedativi o ipnotici.
IL FALLIMENTO DELLA POLITICA
Da quando è insediato, il governo ha ereditato e aggravato un’emergenza carceraria che appare sempre più irrisolvibile. Nonostante i proclami, le carceri italiane contano ancora oltre diecimila detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare – numero che supera i 16.000 se si includono le celle inagibili. Il cosiddetto “Decreto Carceri” del luglio 2024, presentato dal ministro Nordio come «un passo molto importante» per il reinserimento sociale e la riduzione del sovraffollamento, ha prodotto risultati opposti alle attese. A un anno dalla sua approvazione, i detenuti sono aumentati di 1.248 unità. La task force per le misure alternative annunciata da Nordio non è mai diventata operativa, e l’elenco delle strutture residenziali idonee all’accoglienza – che doveva essere pubblicato entro sei mesi – ancora non esiste. Nel frattempo, 23.970 detenuti con pena residua inferiore ai tre anni restano in cella, bloccati dall’inerzia burocratica.
L’approccio del governo è stato chiaro: al fallimento delle misure per mettere fine all’emergenza si è affiancato il Decreto Sicurezza di giugno 2025, che ha introdotto 14 nuovi reati e inasprito pene esistenti. Tra questi, il reato di occupazione abusiva, la penalizzazione del blocco stradale, la negazione del rinvio obbligatorio della pena per donne madri o in gravidanza, e la resistenza passiva dei detenuti punibile fino a 8 anni. Secondo l’Unione delle Camere penali, si tratta di «un’inutile introduzione di nuove ipotesi di reato, con aumenti di pena sproporzionati», destinata a produrre un «conseguenziale aumento della popolazione carceraria».


Anche il piano di edilizia penitenziaria ha mostrato gravi criticità. Quello che prevedeva 7.000 nuovi posti entro fine 2025 ha finora prodotto un aumento di soli 42 posti in un anno, mentre i posti non disponibili sono aumentati da 4.123 a 4.559. Il nuovo piano 2025- 2027, da 758 milioni di euro, ha già subito un primo intoppo significativo: come ha rivelato Luca Rondi di Altreconomia, la gara per 16 padiglioni prefabbricati in 9 istituti, inizialmente budgettata a 32 milioni di euro, è stata annullata perché le imprese hanno giudicato i costi sottostimati di 13 milioni. Il nuovo bando ( 45,62 milioni, scadenza 25 settembre) prevede tempi di realizzazione di 48 mesi, con un ritardo che compromette la consegna dei primi 384 posti previsti entro il 2025.
L’ORDINANZA DI TORINO
Il tribunale di Sorveglianza di Torino ha recentemente assunto una decisione significativa in tema di detenzione domiciliare per detenuti malati, prendendo in considerazione non solo le condizioni cliniche di gravità, ma anche la condizione di sovraffollamento del carcere. Un detenuto con obesità e cardiopatia ischemica, patologie non gravi, ha ottenuto i domiciliari perché il sovraffollamento del carcere Lorusso- Cotugno ( oltre il 130%) rendeva la sua detenzione un «surplus di sofferenza» che viola l’articolo 27 della Costituzione e l’articolo 3 della Cedu. Per Antigone si tratta di una svolta: «Non è una valutazione sanitaria ma il riconoscimento che il sovraffollamento può trasformare la detenzione in trattamento inumano, anche senza patologie gravi». Il Tribunale ha certificato che le condizioni attuali violano principi costituzionali e convenzionali. «Quando un giudice riconosce che patologie lievi diventano insostenibili per il sovraffollamento, il problema non è gestionale ma strutturale».
Mentre le carceri scoppiano, ci sono 23.970 detenuti con pena residua inferiore ai tre anni che potrebbero, in assenza di cause ostative, accedere a queste misure. Non lo fanno per burocrazia, mancanza di risorse, inerzia del sistema. Mentre Rita Bernardini continua il suo sciopero della fame, mentre i detenuti muoiono di caldo e disperazione, mentre i tribunali riconoscono che la detenzione è diventata tortura, tranne eccezioni, la politica tace. Il 10 settembre il Parlamento riaprirà. Sarà l’ennesima occasione mancata o finalmente qualcuno avrà il coraggio di dire che il re è nudo, che le carceri italiane sono una vergogna per una democrazia, che è tempo di agire?