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Emergenza carceri in Italia
Due suicidi e un tentato suicidio in pieno Ferragosto confermano, se ce ne fosse stato bisogno, che il sistema carcerario è sotto pressione. A Benevento e Civitavecchia due detenuti hanno deciso di togliersi la vita, mentre a Roma, nel carcere di Regina Coeli, un uomo appena entrato ha tentato di farla finita il 15 agosto, provando a impiccarsi.
Il bilancio è drammatico: dall’inizio dell’anno 55 detenuti si sono suicidati, ai quali si aggiungono tre operatori penitenziari. Altre 30 morti sono in fase di accertamento. «Siamo di fronte alla situazione più grave degli ultimi vent’anni» ha dichiarato Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato S. Pp., chiedendo «interventi immediati per evitare il collasso del sistema» e denunciando l’abbandono in cui versa la Polizia penitenziaria, con organici ormai al limite.
«Suicidi, tentati suicidi, evasioni, rivolte: la vita quotidiana dei detenuti e delle guardie è un inferno ordinario» ha dichiarato la deputata di Azione Daniela Ruffino, accusando governo e ministero della Giustizia di aver lasciato incancrenire una crisi nota da tempo. «Il sovraffollamento costa vite e produce condizioni inumane. Nessuna delle misure annunciate è stata tradotta in atti concreti. Le carceri restano il buco nero della civiltà giuridica italiana».
Duro anche l’intervento di Tommaso Calderone, deputato di Forza Italia, che già prima di Ferragosto aveva espresso una sua idea per decongestionare le carceri italiane: «Servono leggi per eliminare il sovraffollamento e fermare la spirale dei suicidi. Non bastano visite ispettive o parole di conforto: il compito del legislatore è scrivere norme, non fare l’assistente sociale».
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ribadito in un’intervista al Messaggero la sua linea: «Sovraffollamento e suicidi sono due problemi gravi ma non connessi tra loro. L’eccesso di detenuti produce esasperazione e può sfociare in rivolte violente, non necessariamente in autolesionismo. Ciò non toglie che il sovraffollamento resti un problema che stiamo cercando di risolvere». Una posizione che però non convince operatori e associazioni, secondo cui le condizioni strutturali e il sovraffollamento esasperano fragilità psichiche e marginalità sociali. «Ogni volta che un detenuto muore in cella» ricordano fonti sindacali «è una sconfitta per lo Stato e per la giustizia».