PHOTO
CORRIDOI AGENTE SBARRE DETENUTI CARCERE DI OPERA CFASA CIRCONDARIALE ISTITUTO DI DETENZIONE
Nell’aula del Senato si è tenuto il convegno “Dignità e diritti in carcere. Verso il Giubileo dei detenuti, le proposte dei Garanti”, nato su iniziativa del senatore Filippo Sensi. Una giornata per rimettere al centro dell’attenzione politica una questione che troppo spesso viene ricordata solo d’estate, quando il caldo rende ancora più insopportabile la vita dietro le sbarre.
Il senatore Sensi lo ha detto chiaro: «Se le istituzioni parlamentari si mostrano in qualche modo sensibili, altrettanto non è da parte del Governo». Ha citato il Presidente del Senato La Russa, che si è detto favorevole a un gesto di clemenza, ma ha sottolineato come dal Governo arrivino segnali opposti. «Il sottosegretario Del Mastro delle Vedove stamattina e il sottosegretario Mantovano nei giorni scorsi sembrano avversare fortemente la possibilità di un’iniziativa per dare respiro alle persone detenute».
Novantanove garanti territoriali delle persone private della libertà personale. Autorità indipendenti, elette dalla politica ma indipendenti dalla politica, come ha spiegato il portavoce della Conferenza nazionale. «Il baluardo del nostro agire è la Costituzione», ha detto. E hanno voluto riaccendere i riflettori sul carcere proprio ora, non ad agosto come accade di solito, non a Natale per sentirsi «un po’ più buoni». Il riferimento è forte, diretto: Papa Francesco.
Il 31 dicembre 2024, aprendo la Porta Santa del carcere romano di Rebibbia, ha lanciato un appello preciso ai governi: «Propongo che nell’anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza, forme di amnistia o di condono della pena». Parole che hanno risuonato in Vaticano davanti a milioni di fedeli, al Presidente del Consiglio, alle autorità. «Ma sulla giustizia è diverso», ha commentato amaramente il portavoce dei Garanti.
I numeri parlano da soli. Sessantatremila detenuti stipati in 46.500 posti disponibili. Ventimila stranieri, diciassettemila tossicodipendenti, 4.200 malati di mente. Tredicimila in custodia cautelare, quindi ancora senza una condanna definitiva. «Ma di che ci dobbiamo occupare?», si è chiesto retoricamente il portavoce. «Noi non ci occupiamo di esecuzione penale. Noi ci occupiamo di sociale». L’anno scorso 5.873 detenuti hanno ottenuto giorni di libertà grazie a sentenze di magistrati che hanno riconosciuto trattamenti inumani e degradanti. «In mezza Italia ci sono i letti a castello, il terzo letto da cui rischi di cadere perché stai a cinque centimetri dal soffitto», ha raccontato. «La dignità non è negoziabile».
E quando alcuni, li ha chiamati «sceriffi populisti», chiedono la certezza della pena, i Garanti rispondono che questa deve coniugarsi con la qualità della pena. Che passa attraverso il diritto alla salute, alla dignità, al lavoro. Per fortuna, ha aggiunto, tremila detenuti sono studenti universitari per combattere la recidiva, altri tremila e cinquecento hanno rapporti con imprese e possono uscire. «Studiano anche detenuti del cosiddetto circuito dell’alta sicurezza. Non ci dobbiamo scandalizzare». Il documento presentato dai Garanti territoriali non lascia spazio a dubbi: il sistema carcerario vive una fase di criticità estrema. Non si tratta solo di sovraffollamento. C’è l’aumento drammatico dei suicidi, il disagio crescente della Polizia Penitenziaria, la grave carenza di educatori, psicologi, mediatori culturali, psichiatri e personale sanitario. Un’emergenza che investe l’intero sistema.
Particolarmente grave la situazione della giustizia minorile, con un sovraffollamento in forte crescita e organici insufficienti. L’Italia resta tra i Paesi europei con il tasso più alto di sovraffollamento carcerario, ma gli interventi strutturali sono inadeguati. «Non è più possibile attendere i tempi del Piano Carceri», dicono i Garanti. Servono misure immediate, soprattutto per chi deve scontare pene brevi, e un sistema di «numero chiuso» per garantire standard minimi di dignità. C’è un altro tema: il diritto all’affettività. «La Corte Costituzionale da un anno ha detto che c’è questo diritto», ha ricordato il portavoce. «Nei 27 paesi europei, compresa la Turchia che ha carceri disumane come le nostre, c’è il diritto all’affettività e alla sessualità». I Garanti chiedono più misure alternative, più permessi premio. «Il nostro è un appello complessivo».
L’APPELLO DELLE ASSOCIAZIONI E LE RICHIESTE AL GOVERNO
L’appello non resta confinato nell’aula del Senato. A buon diritto, Acli, Antigone, Arci, Cgil, Confcooperative Federsolidarietà, CNVG, CNCA, Forum Droghe, Gruppo Abele e molte altre associazioni si sono unite ai Garanti in un documento rivolto al Parlamento, al Presidente della Repubblica, al Ministero della Giustizia e ai magistrati di sorveglianza.
I dati del 2025 sono drammatici: già 74 suicidi di persone detenute, oltre a due suicidi di agenti di polizia penitenziaria e due di operatori sociali. E poi 47 decessi le cui cause sono ancora da accertare. Nel 2024 i Tribunali di sorveglianza hanno accolto oltre 5.800 istanze per condizione di detenzione disumana e degradante, contraria all’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. «Il carcere si è chiuso drammaticamente all’esterno», dice l’appello, «i detenuti trascorrono in celle inabitabili quasi l’intera giornata». Una situazione che crea frustrazione e burnout anche in chi ci lavora.
Le richieste sono precise. Al Parlamento si chiede un provvedimento di clemenza per ridurre immediatamente il numero dei reclusi. Al Presidente della Repubblica di esercitare una consistente concessione di grazie, come hanno fatto alcuni suoi predecessori. Ai magistrati di sorveglianza di concedere per questo Natale tutti i giorni di permesso premio disponibili. Al Ministero della Giustizia di umanizzare e modernizzare l’esecuzione della pena, aprendo il carcere al mondo del volontariato, alle associazioni, alle cooperative, agli enti locali, alle scuole, alle università.
«Siamo di fronte a una sequela di provvedimenti frutto di un approccio di panpenalismo securitario», ha dichiarato Hassan Bassi di Forum Droghe, citando i decreti Rave, Caivano, Sicurezza. «Il carcere non è più soltanto la discarica sociale di una società sempre meno inclusiva, ma anche un grande corpo da torturare psicologicamente, fra annunci e promesse mai mantenute». Bassi ha notato come le uniche parole sensate e coraggiose sulle condizioni di vita nelle carceri arrivino da uomini di Chiesa, Papa Francesco e l’Arcivescovo di Milano Mario Delpini. «A parte pochi parlamentari, la politica rimane sorda». Silenzio anche di fronte ai suicidi, l’ultimo tre giorni fa a Pistoia che ha portato il conto a 74.
Per questo le associazioni hanno dato appuntamento per il 6 febbraio 2026 a Roma, per un’assemblea pubblica sullo stato delle carceri italiane. Un momento di confronto aperto a tutte le realtà del volontariato, del terzo settore, agli operatori, ai cittadini. Per uscire una volta per tutte da questa situazione e costruire insieme un percorso di interventi duraturi. L’appello si chiude con le parole del portavoce dei Garanti, che sono anche quelle di Papa Francesco: «Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di dignità e di rispetto». E poi l’invito finale: «Noi garanti chiediamo speranza e umanità. Ma qui e ora».


