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IMAGOECONOMICA
«Onorevole Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi… con tutto il da fare che ho avuto non ho trascurato di occuparmi dell’istituto Gaetano Filangieri di Napoli e dei ragazzi che spesso, a causa di carenze sociali, hanno dovuto deviare dalla retta via; e nei prossimi mesi intendo dedicare a loro più tempo di prima. E su questo vorrei soffermarmi. Si tratta di migliaia di giovani e del loro futuro, ed è essenziale che un’Assemblea come il Senato prenda a cuore la riparazione delle carenze dannose, posso dire catastrofiche, che da secoli coinvolgono quasi l’intero territorio dal Sud al Nord dell’Italia… Sono convinto che se si opera con energia, amore e fiducia in questi ragazzi, molto si può ottenere da loro. Ne ho pensate, di cose, nei mesi scorsi, e c’è da fare, si può fare, ne sono certo…».
Sono le parole di Eduardo De Filippo, nominato senatore a vita da Sandro Pertini, pronunciate a Palazzo Madama il 23 marzo 1982, che stridono con l’attuale ondata securitaria. Quei ragazzi ristretti nei 17 “Ipm” italiani avrebbero bisogno di sentire voci come quelle di Eduardo, piuttosto che subire violenze.
Di Istituti penali per i minorenni, come di carcere, si parla solo quando “fanno notizia” con torture, pestaggi, suicidi. I reclusi, però, vivono quotidianamente una vita fatta di soprusi, celle sovraffollate ed emarginazione. Dietro ogni ragazzino che finisce in un Istituto c’è un disagio derivante da un vuoto culturale, da un sottosviluppo economico, da diritti negati e da politiche sociali inesistenti. “Chi è disposto a dare fiducia e lavoro ad un avanzo di galera?”, si chiedeva ancora Eduardo nel suo discorso in Senato. “Questa non è una domanda che mi sono posto io, che non conoscevo il Filangieri. È una domanda angosciosa che si pongono gli stessi ragazzi dell’istituto, che mi dissero: ‘Non usciamo da qui con il cuore sereno, in pace e pieno di gioia, perché se quando siamo fuori non troviamo lavoro né un minimo di fiducia, per forza dobbiamo finire di nuovo in mezzo alla strada! La solita vita sbandata, gli stessi mezzi illeciti, illegali per mantenere la famiglia: scippi, furti, la rivoltella, la ribellione alla forza pubblica. Insomma siamo sempre punto e daccapo’”.
L’impegno di Eduardo per i minori a rischio continuò: venne promulgata una legge regionale, la “Legge Eduardo”, utilizzata per pochissimi progetti tra Nisida e Benevento. Garantì fondi al Filangieri, e nella Napoli di Maurizio Valenzi l’istituto divenne un esempio di socializzazione, nel quale i ragazzi potevano andare a scuola e frequentare laboratori, sperimentando un vero modello di rieducazione.
Un’idea a cui ha lavorato da sempre don Gino Rigoldi, storico cappellano del “Beccaria”, fondatore della Comunità Nuova e della Fondazione, che porta il suo nome, con la quale aiuta i giovani in difficoltà a trovare lavoro, e che ospita donne sole con figli. Per don Gino, è “illusorio pensare di risolvere tutto aumentando le pene per i ragazzi difficili”.
Parliamo di giovani detenuti negli “Ipm”, gli Istituti penali per i minorenni, nei quali la popolazione straniera ormai è in maggioranza, con molti minori stranieri non accompagnati. Al punto che lo stesso don Gino Rigoldi ci confidò come sia lui che don Claudio Burgio, il sacerdote che lo ha sostituito, da un mese, al Beccaria, sono quasi ‘disoccupati’, mentre ci sarebbe bisogno di un imam.
Situazione simile al “Ferrante Aporti” di Torino, raccontata con il documentario “I Cinque Punti”. Il viaggio di una madre verso il primo colloquio con il figlio detenuto all’interno di un Ipm, con il commento in lingua araba. Al Sud, invece, come ha più volte spiegato il Garante della Campania, Samuele Ciambriello, la popolazione minorile detenuta è formata da chi evade l’obbligo scolastico, da altri che vivono un disagio, poi ci sono i bulli e infine quelli che appartengono in qualche modo alla criminalità organizzata e mitizzano i boss.
Per tutti il carcere dovrebbe essere l’extrema ratio e non la prima misura da adottare. Sono ragazzi ai quali bisognerebbe “dare la speranza e la fiducia di una vita nuova che restituisca loro quella dignità a cui hanno diritto, e che giustamente reclamano”. Parole di Eduardo, morto quarant’anni fa, che conservano una incredibile attualità.


