Non si scappa: il terzo mandato non s’ha da fare. Con la sentenza numero 64 depositata ieri la Consulta ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Campania che permetteva all’attuale presidente Vincenzo De Luca di correre ancora.

In primo luogo, nelle motivazioni la Corte costituzionale ha affermato che tale divieto è per le regioni a statuto ordinario un principio fondamentale della materia elettorale ai sensi dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione. Esso costituisce l’espressione di una scelta discrezionale del legislatore volta a bilanciare contrapposti principi e a fungere da «temperamento di sistema» rispetto all’elezione diretta del vertice monocratico, cui fa da «ponderato contraltare».

In secondo luogo, i giudici costituzionali hanno posto l’accento sul fatto che l’obbligatorietà di un principio fondamentale e la sua applicazione non possono essere condizionate dal suo espresso recepimento da parte delle leggi regionali.

Non solo. Nel caso del divieto del terzo mandato consecutivo, spiega la Corte, è stato lo stesso legislatore statale ad avere ancorato l’applicazione del principio alla legislazione regionale che in qualche modo si colleghi all’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale. Ne consegue che leggi delle regioni ordinarie intervenute in materia elettorale dopo l’entrata in vigore della legge numero 165 del 2004 non possono, a pena di illegittimità costituzionale, violare il principio in esame, che è ormai parte integrante dei rispettivi ordinamenti.

Per quanto riguarda nello specifico la Regione Campania il divieto del terzo mandato consecutivo è quindi divenuto operativo con l’entrata in vigore della legge della stessa Regione numero 4 del 2009, ossia con la legge elettorale, la quale non solo non reca alcuna disposizione che a esso illegittimamente deroghi, ma all’articolo 1, comma 3, contiene un rinvio, «in quanto compatibili con la presente legge, le altre disposizioni statali o regionali, anche di natura regolamentare, vigenti in materia». Ma se da una parte il governo può ritenersi soddisfatto, potendo così fermare la corsa di De Luca (peraltro già “ostracizzato” dalla stessa segretaria del Pd Elly Schlein), dall’altra la maggioranza già discute del caso Trentino. I tempi per impugnare la legge sul terzo mandato per il governatore del Trentino «scadono il 19, e quindi lunedì ci sarà il Consiglio dei ministri, per cui» il governo «deciderà in quella sede», ha detto mercoledì la ministra per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Elisabetta Casellati, parlando con i cronisti nel Transatlantico della Camera al termine del premier question time. L’esecutivo sarebbe intenzionato a procedere con l’impugnativa. «La questione è che se c’è una legge di una provincia a statuto speciale che parla di terzo mandato, un problema si pone nel rapporto con la legge ordinaria - ha spiegato Casellati - Lunedì vedremo per forza visto che i tempi scadono».

Secondo Casellati «si impugna per capire se anche le regioni a statuto speciale debbono attenersi a quella che è la normativa nazionale oppure possano avere la possibilità di una determinazione diversa per la specialità». Ma chi non è minimamente d’accordo con l’impugnazione è Matteo Salvini, visto che presidente del Trentino è il leghista Maurizio Fugatti, e infatti il numero uno di via Bellerio ha risposto «mi auguro di no» a chi gli chiedeva se il governo dovrebbe impugnare la norma. Sul punto si è espresso anche il costituzionalista Stefano Ceccanti, già parlamentare Pd, che ha parlato di una sentenza importante «non solo per aver ribadito la piena costituzionalità e vincolatività di una norma che bilancia la concentrazione dei poteri legata all’elezione diretta, ma anche per quanto fa indirettamente capire sulle necessaria omogeneità in materia di elettorato passivo, diritto fondamentale».

Secondo Ceccanti «la Corte richiama esplicitamente la sentenza sui sindaci sardi in cui in nome dell’autonomia si pretendeva di elevare il tetto dei mandati rispetto al resto d’Italia, pretesa bocciata dalla Corte con la 60/ 2023» e «ad abundantiam la Corte conclude che qualora leggi di questo tipo non vengano impugnate dal Governo, come era successo in precedenza per altre Regioni, la questione può arrivare comunque alla Corte per via incidentale».

Per questo, conclude il costituzionalista, «il governo, per ragioni istituzionali e di certezza del diritto, dovrebbe quindi superare prontamente qualsiasi riserva di ragione politica e decidere subito di impugnare l’analoga legge della Provincia autonoma di Trento, altrimenti ci penseranno i cittadini ad arrivare alla Corte in via incidentale».