Lo scontro tra Palazzo Chigi e la Corte di Giustizia Ue sul protocollo Italia-Albania è frontale. In una nota ufficiale, il governo italiano accusa la giurisdizione europea di «invadere il campo politico» e «ridurre i margini di autonomia di governi e parlamenti». Il riferimento è alla recente pronuncia dei giudici di Lussemburgo, che ribadisce la necessità di un controllo giurisdizionale effettivo sulla designazione dei Paesi di origine sicuri.

Per l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, la Corte ha delegittimato l’intervento del legislatore italiano, subordinando le decisioni parlamentari alle valutazioni di un «qualsivoglia giudice nazionale», anche sulla base di «fonti private». Il governo teme un indebolimento delle politiche di contrasto all’immigrazione irregolare, a pochi mesi dall’entrata in vigore del nuovo Patto europeo.

Durissima la replica dell’opposizione. Angelo Bonelli (AVS) definisce il piano Albania «un fallimento politico, giuridico ed economico» e accusa Meloni di aver costruito «un impianto privo di garanzie e dispendioso»: secondo un rapporto ActionAid-Università di Bari, i centri in Albania costano fino a 153mila euro a posto letto e oltre 114mila euro al giorno. Risultato: venti migranti trattenuti per poche ore. «Ora Meloni e Piantedosi dovranno rispondere alla Corte dei Conti», avverte Bonelli.

Anche Matteo Renzi si unisce al coro: «Meloni sta sprecando centinaia di milioni dei contribuenti, e i giudici le stanno dando torto in ogni sede. Il prossimo giudizio sarà della Corte dei Conti».

A riportare il dibattito su un piano istituzionale è Cesare Parodi, presidente dell’ANM, che sottolinea: «Nessuno remava contro il governo. I giudici italiani hanno proposto un’interpretazione corretta, come oggi confermato dalla Corte Ue».