Il confronto è a distanza, ma il duello politico è ormai esplicito. Da una parte Elly Schlein, che riunisce l’assemblea nazionale del Partito democratico all’Auditorium Antonianum; dall’altra Giorgia Meloni, che a Castel Sant’Angelo chiude Atreju. Due palchi, pochi chilometri di distanza, un unico bersaglio reciproco: la leadership del Paese.

La sfida della segretaria Pd

Schlein apre il suo intervento lanciando apertamente il guanto di sfida alla presidente del Consiglio, indicata come l’unica vera rivale. L’obiettivo resta quello dichiarato fin dal giorno della sua elezione: costruire l’alternativa di governo per battere la destra. Un percorso che, per la leader dem, richiede di andare oltre le frizioni interne e le distanze sempre più evidenti con Giuseppe Conte, che proprio dal palco di Atreju ha preso le distanze dall’alleanza progressista.

L’assemblea, però, segna anche un punto politico importante per la segretaria: l’allargamento della sua maggioranza interna, con la scelta di Stefano Bonaccini e dei suoi di sostenere in modo unitario la leadership Schlein. Un passaggio che rafforza la segreteria, pur senza spegnere i malumori della minoranza riformista.

L’attacco a Meloni e al governo

Nel suo intervento, Schlein marca nettamente le distanze da Atreju: «L’assemblea nazionale non è una kermesse, non è uno spettacolo con spettatori. Qui ci confrontiamo sul Paese reale». Poi l’affondo diretto alla premier: «Sentiremo un’altra dose di propaganda da parte di Meloni».

La segretaria Pd torna ad accusare il governo di aver tagliato sanità, scuola e servizi, mentre aumentano «bollette, tasse e spese militari». E incalza la presidente del Consiglio con una domanda retorica destinata a fare rumore: «Da quanto tempo non va a fare la spesa? Esca da Palazzo Chigi e vada in un alimentari di quartiere. Davanti agli scaffali le famiglie devono scegliere tra le cose necessarie. Il frigo degli italiani è vuoto».

Il faccia a faccia, assicura Schlein, è solo rinviato. Mercoledì Meloni parlerà in Parlamento in vista del Consiglio europeo: «Ci confronteremo di nuovo. Speriamo che venga a discutere del Paese reale e non sul cabaret», l’ultima stoccata.

Numeri, unità e alternativa

Guardando all’orizzonte delle prossime Politiche, Schlein rivendica i numeri delle ultime tredici elezioni regionali. «Nei voti assoluti le due coalizioni sono pari, ma se consideriamo civiche e voti ai presidenti siamo nettamente avanti. Il Pd ha preso oltre 3,2 milioni di voti, Fratelli d’Italia 2,57 milioni. Siamo il primo partito nei voti reali, non nei sondaggi».

Da qui l’appello all’unità, definita «un dovere». Un messaggio rivolto soprattutto a Conte, con il sostegno esplicito di Francesco Boccia, che ricorda come il M5S governi oggi due Regioni. «È nei fatti – insiste Schlein – che nasce un programma comune, senza rinunciare alle diversità».

Le tensioni interne al Pd

Se la maggioranza si allarga, la frattura con i riformisti resta. Restano fuori figure come Lorenzo Guerini, Graziano Delrio, Pina Picierno, Giorgio Gori e altri. Proprio Picierno attacca duramente: «Nel nostro campo non può esserci spazio per un trumpismo o un putinismo mascherato da pacifismo. Conte ha detto che non è alleato di nessuno: serve chiarezza».

Delrio insiste sul ruolo dell’Europa come linea di frattura principale con il governo Meloni: «Il Pd deve fare il Pd. Il rafforzamento dell’Europa deve essere la nostra battaglia».

Schlein prova a rassicurare: «Nessuna volontà di sopprimere il confronto. Il pluralismo non è galleggiamento, ma discussione e poi scelte chiare». E ringrazia Bonaccini per l’ingresso in maggioranza: «L’unità non si fa da soli. Continuerò a essere la segretaria di tutti».

Il voto finale

Al termine dei lavori, la relazione della segretaria viene approvata con 225 voti favorevoli e 36 astenuti. Un risultato che certifica il rafforzamento della leadership di Schlein, ma che non cancella le divisioni interne: «Su 978 aventi diritto», fa notare la minoranza.