Da domenica notte, a Bruxelles, gli occhi sono tutti puntati su Giorgia Meloni e Marine Le Pen. Dalle loro mosse (in particolare da quelle della premier italiana) dipenderanno molti degli equilibri dell'eurolegislatura che sta per iniziare. Perché se è vero, da una parte, che i numeri dicono che una nuova maggioranza “Ursula” è possibile, dall'altra vi sono una serie di implicazioni politiche che lasciano aperto più di uno scenario.

Il dato incontrovertibile da cui partire è che, pur mantenendo Ppe e Pse le prime due posizioni nel consenso dei cittadini dell'Ue, nei tre paesi più importanti dell'Unione si è assistito o a una conferma o uno straordinario avanzamento delle destre sovraniste, con un vero e proprio sisma politico che si è prodotto in Francia, dove il presidente Macron soverchiato da una parte da Rn e insidiato dall'altra da un redivivo Partito socialista ha sciolto le camere e indetto le elezioni legislative tra un mese. Sorte non molto differente, ma per ora con esiti diversi da quelli transalpini, è toccata al cancelliere tedesco Olaf Scholz, il cui partito è stato superato dalla discussa formazione estremista Afd, non frenata dalle polemiche sulle dichiarazioni dello spitzenkandidat riguardo al candore di una parte delle ss naziste.

Sia il leader del Ppe Manfred Weber che la presidente uscente e ricandidata von der Leyen si sono affrettati a sponsorizzare il bis della scorsa legislatura, rivolgendosi direttamente agli alleati socialisti e liberali, ma le incognite che gravano sul percorso che porterà alla formazione della nuova maggioranza e alla scelta del nuovo leader Ue stavolta sono maggiori che nel 2019. È lecito domandarsi, infatti, se la guida del governo italiano potrà perseverare in una condizione formalmente esterna ai processi decisionali comunitari, rinunciando a giocare pienamente il ruolo che le compete. A maggior ragione, ora che il gruppo Id, saldamente in mano alla Le Pen, potrebbe esprimere un premier, qualora le elezioni del parlamento francese portassero all'hotel di Matignon un esponente di Rn (verosimilmente Jordan Bardella). Un'eurodestra di governo, a guida italo- francese, difficilmente potrebbe abdicare ad avere voce in capitolo, e questa considerazione potrebbe accelerare quel processo federativo tra Ecr e Id che molti hanno evocato in questi ultimi mesi.

Tornando ai numeri, come detto, la strada maestra rimane la riedizione della maggioranza uscente, le cui politiche saranno però pesantemente condizionate dal blocco di destra italo- francese: 401 sono i voti su cui può contare la formula Ppe+ Sde+Renew, il che rappresenta un margine sicuro oltre la soglia di 361 seggi necessaria per controllare l'Europarlamento. Ma l'influenza della destra, ad esempio, potrebbe

inverarsi nella scelta di un presidente diverso da von der Leyen, che è arrivata a questa campagna elettorale indebolita e che rischia di essere impallinata dai franchi tiratori e di non essere salvata stavolta da consensi estemporanei, come accaduto nel 2019. Difficile, in ogni caso, che Ecr e Id accettino di collaborare con una coalizione in cui vi siano i socialisti, mentre una convergenza con l'ala più conservatrice dei liberali ora “demacronizzati” non sarebbe da escludere.

Sul versante delle politiche, i nuovi vertici Ue non potranno non tener conto del fatto che alcune linee portanti del programma della maggioranza uscente sono state sostanzialmente bocciate dagli elettori europei, in primis il green deal, su cui nello scorcio finale della legislatura è stato operato un parziale dietro- front ( vedi il nuovo regolamento sugli imballaggi in plastica).

In termini pratici, un ruolo decisivo in questa fase potranno giocarlo i ben 100 eletti che ancora non hanno aderito ad alcun gruppo, una sorta di “gruppo misto” continentale, che però ha questa volta una salda matrice sovranista: in esso vi sono infatti i deputati fedeli al premier ungherese Viktor Orban ( reduce da una prova elettorale opaca), i tedeschi appena espulsi da Id ma che contano di rientrare, e una galassia di formazioni battitrici libere ( compreso il M5s). Molti si chiedono se sia possibile quel centrodestra” all'italiana” evocato da più di un esponente della nostra maggioranza in campagna elettorale.

Per la parte numerica, si tratta di una prospettiva ardua: attualmente Ppe+ Ecr+ Id sono a quota 316, a meno 45 dalla maggioranza. Sarebbero dunque necessari, oltre ai voti degli orbaniani e dei liberali non francesi, anche i consensi dei famigerati tedeschi, con cui Weber, la von der Leyen e lo stesso Tajani hanno già detto di non voler scendere a patti. Per quanto riguarda la Le Pen, come detto molto dipenderà dalle legislative transalpine. In realtà, ciò che si verificherà a Parigi sarà in parte dirimente proprio per gli indirizzi continentali. Se l'azzardo di Macron, per un fronte repubblicano da lui promosso contro la destra anti-Ue e filoputiniana si rivelerà vincente, allora il panorama muterebbe di nuovo e la maggioranza Ursula ne trarrebbe sorpredentemente nuova linfa.