Il corteo del Budapest Pride è partito alle 14 da Városháza Park. Lo stop imposto dal governo non ha fermato decine di migliaia di persone. Carri colorati, musica e cartelli con il volto di Viktor Orbán truccato hanno riempito il centro della capitale. Striscioni e bandiere arcobaleno hanno acceso di colori un sabato tenuto sotto stretta sorveglianza.

Il sindaco Gergely Karácsony, patrono della manifestazione, è arrivato tra gli applausi. «La polizia ha un solo compito: garantire la sicurezza dei cittadini», ha ribadito. Il municipio considera la marcia un evento cittadino che non richiede autorizzazioni aggiuntive. Una sfida diretta al divieto firmato dal governo nazional‑nazionalista.

Il percorso originale, che doveva attraversare il ponte della Libertà, è stato deviato. Militanti del partito di estrema destra “La Nostra Patria “hanno bloccato il Szabadság híd con le auto. Le forze dell’ordine hanno suggerito di dirottare la manifestazione su un ponte alternativo per evitare contatti. Sulle balaustre sono comparse telecamere nuove di zecca, pronte a catturare ogni volto.

A Budapest la marcia continua tra tamburi, cori e scorte silenziose. Un cartello alza la voce per tutti: «No pasaran». Un altro recita: «Siamo la famiglia che l’Ungheria nega». Ogni passo avvicina la folla al Danubio, simbolo di un confine che oggi sembra temporaneamente sparire.

Per ora, la risposta è nei volti dipinti, nei baci in pubblico, negli slogan secchi. «Non si vieta l’amore», gridano i manifestanti. Con passo deciso, uomini e donne rivendicano uno spazio che la legge vuole restringere. Dietro di loro, telecamere e droni registrano ogni istante. Davanti, resta aperta la strada.

A inizio anno la maggioranza di Fidesz ha modificato Costituzione e codice penale “per proteggere i minori”. Da allora organizzare il Pride può costare fino a dodici mesi di carcere; partecipare può tradursi in multe da 500 euro. Il nuovo pacchetto sicurezza consente l’uso del riconoscimento facciale in tempo reale. I lampioni del centro sono stati armati di occhi elettronici.

Nonostante il rischio, gli organizzatori parlano di affluenza record. «Libertà e amore non possono essere vietati», recita un maxi‑manifesto affisso davanti al municipio. Tra i partecipanti si contano ministri di vari Paesi Ue e una settantina di eurodeputati. Dopo giorni di trattative, le sedi diplomatiche dell’Unione hanno scelto la disobbedienza civile.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva chiesto a Orbán di revocare il divieto. Trentatré governi — quasi tutta l’Ue — hanno firmato una dichiarazione congiunta in favore della marcia. A Bruxelles, deputati di Renew, S&D e PPE sollecitano nuove misure contro Budapest sullo stato di diritto.

In Ungheria non mancano le voci contrarie. Il ministro della Giustizia Bence Tuzson ha inviato circolari alle ambasciate, invitando diplomatici e personale a “tenersi alla larga” dall’evento. Gruppi ultra‑religiosi hanno innalzato una croce di legno lungo il percorso e promettono veglie di preghiera. 

Per l’opposizione, il banco di prova è politico. «Il regime vuole gli ungheresi contro gli ungheresi», accusa Péter Magyar, leader di Tisza. «Se oggi qualcuno soffrirà, la responsabilità sarà solo di Viktor Orbán». Magyar chiede «un primo ministro che protegga tutti, non che divida».

Alla manifestazione partecipano ministri di diversi paesi dell'Ue e decine di parlamentari europei soprattutto di sinistra, per l’Italia la segretaria dem Elly Schlein, il leader di Azione Carlo Calenda e altri rappresentanti dell’opposizione.

Elly Schlein, in piazza con il deputato Alessandro Zan, ha detto: «In Europa, se si attacca un diritto si attaccano tutti i diritti», scrive su X. Carlo Calenda, leader di Azione, definisce l’Ungheria «non più uno Stato europeo» e invoca blocchi ai fondi finché non verranno ripristinate garanzie democratiche. Per +Europa, Riccardo Magi parla di «attacco alle libertà personali e ai valori comuni».

In piazza anche Marco Cappato, fondatore del movimento paneuropeo di iniziativa popolare Eumans: «Siamo qui come Eumans al Pride di Budapest perchè manifestare per i diritti delle cittadine e dei cittadini ungheresi significa manifestare per i diritti di tutte e tutti in Europa, per la libertà sessuale e per la libertà di manifestazione e associazione». 

La pressione cresce anche dall’interno del centrodestra europeo. In una nota, Simone Leoni (Forza Italia Giovani) parla di provvedimento «osceno, ipocrita, antidemocratico» e auspica la sconfitta di Orbán alle urne. Dalla Francia, eurodeputati macroniani chiedono la sospensione dei fondi di coesione.

Ieri Orbán ha minacciato «conseguenze legali» per chi sfilerà. «La polizia non userà la forza per disperdere la marcia, ma i partecipanti sappiano a che cosa vanno incontro», ha detto in diretta radio. Gli agenti pattugliano a piedi e con droni; mezzi blindati presidiano i ponti sul Danubio.

Lungo il corteo sfilano giovani, famiglie, anziani. Con loro gruppi in arrivo da Polonia, Croazia, Austria, Italia. I canti coprono a fatica il ronzio degli elicotteri.

Mentre Budapest sfida il divieto, Milano celebra un Pride gemellato. Il tema 2025 è “Resistenza arcobaleno”. In testa al corteo il trenino delle Famiglie Arcobaleno, che compiono vent’anni. Gli organizzatori contano 350-000 presenze, nonostante il caldo torrido. Carri sponsorizzati da partiti, sindacati, aziende e associazioni aprono la strada verso l’Arco della Pace.

Sul carro del Pd spicca un cartonato del governatore lombardo Attilio Fontana con la bandiera arcobaleno e la scritta: «Chi odia la libertà odia anche l’amore, come Orbán». Non mancano bandiere palestinesi. La comunità ebraica milanese diserta in polemica con lo slogan “No Pride in genocide” rivolto a Israele per la guerra a Gaza.

Dalla musica di Orietta Berti ai rap di BigMama, la serata milanese alterna show e collegamenti video con la capitale ungherese. Il sindaco Giuseppe Sala e l’assessore Lamberto Bertolé intervengono sul palco alle 18.30 per rivendicare «un’Europa dei diritti senza confini».

Lunedì il Parlamento europeo discuterà una risoluzione urgente. Sul tavolo c’è il congelamento di altri 10 miliardi di euro del Recovery Fund ungherese