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La miccia è partita in concomitanza con l'appressarsi della partita di calcio Italia–Israele, in calendario a Udine il 14 ottobre per le qualificazioni ai prossimi Mondiali. Ma il bersaglio è molto più ampio: l’intero sistema sportivo internazionale e il suo rapporto con le crisi umanitarie.
Nel pieno delle polemiche sulla sfida tra gli azzurri e la nazionale israeliana, 44 parlamentari del Partito Democratico – eletti alla Camera, al Senato e al Parlamento europeo – hanno firmato un appello promosso dal responsabile nazionale Sport del Pd, Mauro Berruto, chiedendo la sospensione di Israele da tutte le competizioni sportive internazionali.
La richiesta, indirizzata ai membri italiani del Comitato olimpico internazionale, al presidente del Coni Luciano Buonfiglio e al presidente della Figc Gabriele Gravina, sollecita un’iniziativa formale presso Cio, Fifa e Uefa. «Non si tratta di un gesto di vendetta», si legge nel testo, «ma di un atto di responsabilità. Non per punire un popolo, ma per affermare che lo sport non può restare neutrale davanti a una politica di annientamento».
L’appello si fonda su dati drammatici: da quasi due anni, ricordano i firmatari, la Striscia di Gaza è «teatro di uno sterminio» che ha causato decine di migliaia di vittime civili, fra cui almeno 636 atleti e atlete palestinesi. Il Comitato olimpico palestinese denuncia inoltre che oltre il 90% delle infrastrutture sportive è stato distrutto, cancellando la possibilità di qualunque attività per almeno un decennio. Per Berruto, «la distruzione dello sport non è un effetto collaterale, ma una scelta politica per colpire un popolo anche nello spirito e nella speranza».
Nell’appello si ricordano precedenti storici in cui la comunità sportiva internazionale ha optato per sanzioni analoghe: dalla Germania e Giappone del dopoguerra alla Jugoslavia, dall’Iraq all’Afghanistan, dal Sudafrica dell’apartheid – escluso per 24 anni dai Giochi – fino alla Russia, oggi sospesa per l’aggressione all’Ucraina. «Chiediamo», ha detto Berruto, «un consenso trasversale, al di là delle appartenenze politiche, affinché lo sport resti coerente con i valori di pace, uguaglianza e dignità umana sanciti nelle Carte olimpiche e federali».
Tra i firmatari, anche la deputata Pd Laura Boldrini, presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, che ha rilanciato l’iniziativa con una petizione su Change.org. «Distruggere lo sport», ha affermato, «non è un effetto collaterale, ma una precisa scelta politica per cancellare un popolo. Dal 1948 a oggi diversi Paesi sono stati sospesi per aver calpestato i principi della convivenza pacifica: Germania, Giappone, Jugoslavia, Sudafrica, Russia. Perché non Israele? Questo doppio standard è inaccettabile e dannoso».
Il caso alimenta un dibattito che va oltre il calcio e, come era prevedibile, non ha mancato di suscitare polemiche a più ampio raggio. La Federcalcio, per ora, non ha commentato. Ma l’eco dell’appello Pd arriva in un momento in cui le tensioni internazionali investono sempre più lo sport, trasformando stadi e arene in campi di battaglia simbolici: sono sempre più frequenti i riferimenti sugli spalti delle manifestazioni o da parte degli stessi atleti, come nel caso del fuoriclasse del Liverpool Salah, alla situazione nella Striscia di Gaza.