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LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
Zelensky, probabilmente spinto e incalzato da Trump, ha cambiato schema di gioco. Sinora aveva sempre posto il cessate il fuoco come condizione per avviare colloqui. Ora ha deciso, o più probabilmente il presidente americano ha deciso per lui, di andare a vedere le carte dello zar mettendolo così in grossa difficoltà. La linea intransigente del presidente ucraino, sostenuto dall'Europa, offriva a Putin un facile alibi che ora è caduto.
Il capovolgimento ha colto di sorpresa Giorgia Meloni, la ha spiazzata tanto da provocare forse il più grosso errore che ha commesso sullo scenario della politica internazionale da quando è presidente del Consiglio: la scelta di disertare l'incontro di Kiev di sabato scorso partecipando sì, per non restituire l'immagine di un'Europa spaccata con lei in contrasto frontale con i principali Paesi e con la Commissione, però solo in remoto.
Voleva prendere le distanze dalla linea dura adottata dai Volenterosi, che appariva in quel momento distinta da quella del presidente americano. Si è trovata tagliata fuori da un colpo di reni in direzione della tregua, o almeno della ripresa dei colloqui, operato congiuntamente da Usa e Ue. Dunque isolata. Costretta in panchina. Assente dalla foto dei capi di governo sul treno per Kiev e si tratta di un'assenza che colpisce molto più duramente di quella, già pesante, dalla foto del qartetto Trump, Zelensky, Macron, Starmer ai funerali di papa Francesco.
Le dimensioni macroscopiche di quell'errore Antonio Tajani le ha capite davvero lunedì scorso. Il ministro degli Esteri era a Londa per il vertice ministeriale del cosiddetto 'Formato Weimar plus', composto dai tre Paesi 'Weimar', Germania, Francia e Polonia e allargato a Italia, Spagna e Uk. Lì Tajani ha avvertito per intero il gelo che ora circonda l'Italia in Europa.
«Non vorremmo che l'Italia diventasse una grande Ungheria», ha sibilato qualcuno e Tajani ha capito l'antifona. Anche perché sa bene che identica preoccupazione nutriva il capo dello Stato alla vigilia della riunione del Consiglio supremo di difesa da lui stesso convocata.
«Non è questione di un decimale in più o in meno per la Difesa. Il punto è che stare fuori dal progetto di Difesa comune di Francia, Germania e Polonia vuole dire cercare di frenare sull'integrazione europea o comunque starne ai margini», ripetevano in quei giorni dal Colle. Ma nel comunicato finale del Consiglio la Difesa comune non era neppure citata.
Per questo Tajani, che non è sospetto di slanci imprudenti o impulsivi, ha scelto di prendere pubblicamente le distanze dalla premier con quel «Perché non è andata a Kiev? Chiedetelo a lei» che diceva tutto quel che c'era da dire in proposito. E per la stessa ragione si è spinto sino a lanciare un monito in piena regola: «Non sto in un governo anti- Ue». Dal governo, pur senza negare lo sbaglio, provano a minimizzare. Ma se un tipo come Tajani, che di carattere sta all'opposto dei ruggenti come Salvini, si spinge sino a questo punto è segno che invece il guaio è serio. E se il Capo dello Stato trova necessario martellare, in duetto con Mario Draghi, sul ritardo che rischia di diventare incolmabile dell'Europa in particolare proprio sulla Difesa, oltre che sulla competitività, il segnale dovrebbe essere ancora più allarmante.
Solo che correggere la rotta è difficile e lo è tanto più perché la premier deve fare i conti con una realtà che cambia ogni giorno e in modi difficilmente prevedibili. Non a caso a palazzo Chigi sono rimasti per due giorni con le dita incrociate auspicando l'arrivo a Roma di Zelensky per l'intronizzazione del nuovo papa. Poi il sospirato annuncio è arrivato. Zelensky ci sarà. Ci saranno anche Vance, Starmer, Merz e forse, chissà, persino Donald Trump. Potrebbe essere un'occasione forse irripetibile per uscire dal cono d'ombra in cui la premier italiana è precipitata. Per ora va solo registrato una sorta di paradosso: l'Ucraina è stata la carta magica che per due anni e mezzo Giorgia Meloni ha saputo usare magistralmente per accumulare, sul palcoscenico internazionale, cospicui successi. Proprio l'Ucraina si sta trasformando ora in un vicolo cieco.