La manovra entra nella fase più tesa della legislatura e si presenta al Senato con una pioggia di modifiche che ha spiazzato anche gli uffici parlamentari. Ben 5.742 emendamenti sono finiti nella Commissione Bilancio, un numero superiore a quello registrato lo scorso anno alla Camera. Un dato che mette a nudo le divisioni dentro la maggioranza e ridisegna i confini della trattativa politica.

Il centrodestra da solo ha presentato oltre 1.600 proposte, molte delle quali riscrivono capitoli interi della manovra, nonostante il richiamo alla prudenza arrivato da Giorgia Meloni e dal Mef: niente misure onerose e nessuna fuga in avanti senza coperture certe.

Forza Italia ha depositato 677 emendamenti, inseguendo due obiettivi: cancellare l’aumento della tassazione sugli affitti brevi e alleggerire quella sulle locazioni ordinarie, proponendo una cedolare secca al 16%. Gli azzurri chiedono inoltre di sopprimere la norma sui dividendi, da cui il governo conta di ricavare un miliardo, sostituendo parte delle coperture con un’aliquota agevolata al 13% sulla rivalutazione dell’oro.

La Lega punta invece sull’estensione della rottamazione e sull’innalzamento della tassazione su banche e assicurazioni: un aumento di 4 punti Irap, finalizzato – nella logica dei proponenti – a finanziare le forze dell’ordine. Una misura che non piace agli alleati e che rischia di riaccendere le tensioni interne.

Fratelli d’Italia ne ha presentati 555, tra cui una tassa sui pacchi provenienti dalla Cina, una stretta sull’ultra fast fashion per verificarne la conformità alle norme europee, e un bollo speciale da 500 euro per pagamenti in contanti tra 5.001 e 10.000 euro. Nel pacchetto meloniano compare anche la proposta di riaprire i termini della sanatoria edilizia del 2003, misura che l’opposizione bolla come “promessa da campagna elettorale”.

Non manca un emendamento destinato a far discutere: l’idea di obbligare i lavoratori del settore trasporti a comunicare in forma scritta, irrevocabile e con una settimana di preavviso la propria adesione allo sciopero. Una stretta che, se approvata, ridisegnerebbe le regole per le astensioni collettive in un settore strategico.

Dal fronte delle opposizioni — Pd, M5s, Avs e Italia Viva — arriva una controffensiva coordinata: 16 punti comuni che toccano welfare, coesione sociale e competitività. Una sorta di piattaforma unitaria che prova a fare massa critica contro la frammentazione della maggioranza.

Ma nonostante la mole impressionante delle proposte, solo 414 emendamenti “segnalati” sopravvivranno alla selezione prevista per martedì. Saranno loro a determinare il perimetro della trattativa politica da portare in Aula.

Il presidente della Commissione Bilancio, Nicola Calandrini, invita alla cautela: serviranno «serietà, metodo e responsabilità». Un avvertimento che anticipa il vertice atteso a metà settimana, con Meloni, Tajani e Salvini chiamati a decidere quali istanze politiche salvare e quali sacrificare.

Nel frattempo il Pd lancia un monito: «Meloni e Giorgetti riflettano su quanto sta accadendo». Perché la valanga di emendamenti, oltre a segnalare la complessità della manovra, rivela anche tutte le fibrillazioni che attraversano la maggioranza.