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GUIDO CROSETTO MINISTRO MATTEO SALVINI MINISTRO ANTONIO TAJANI MINISTRO
La vicenda che ha travolto il governo ucraino, con le dimissioni dei ministri della Giustizia e dell’Energia per un caso di corruzione nel settore energetico, si è trasformata in miccia esplosiva per la politica italiana. Al momento di discutere il nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev, il dibattito nella maggioranza è tornato a farsi infuocato.
Il vicepremier Matteo Salvini non nasconde le sue perplessità: il leader della Lega teme che il denaro dei contribuenti italiani possa alimentare un sistema che definisce «inquinato dagli scandali». Per il numero uno del Carroccio, la strada da seguire è «quella indicata dal Santo Padre e da Trump: dialogo e negoziato, non altre armi». La sua lettura è netta: le ultime avanzate russe e la situazione sul campo mostrerebbero che «l’interesse dell’Ucraina è fermare la guerra».
Ma la replica dalla Difesa arriva immediata. Da Berlino, dove è riunito con i ministri di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito, Guido Crosetto prende le distanze: «Capisco le preoccupazioni di Salvini, ma non giudico un Paese per due corrotti. Gli alleati, nel 1943, non giudicarono l’Italia per la mafia: aiutarono gli italiani onesti». L’immagine è forte, e non piace affatto al fronte leghista, che parla di accostamento «infelice». Crosetto insiste: «Noi sosteniamo i civili ucraini colpiti dal 93% degli attacchi russi, e auspichiamo che i delinquenti, ucraini o russi, finiscano in galera».
Se la Lega frena, Forza Italia accelera. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani annuncia che «il nuovo pacchetto di aiuti militari è già pronto» e verrà firmato «nelle prossime ore». La linea azzurra è chiara: l’Italia continuerà a sostenere Kiev perché «è ancora sotto attacco».
La tensione si sposta così anche sul terreno interno. Il senatore leghista Gianluca Cantalamessa, responsabile del dipartimento antimafia, considera «sbagliato» il paragone proposto da Crosetto, mentre Andrea Crippa definisce le parole di Salvini «un richiamo al buon senso». La richiesta della Lega è una sola: piena trasparenza prima di ulteriori invii militari.
Le opposizioni, naturalmente, colgono l’occasione. Per Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva, lo scontro dimostra il «doppio volto» della maggioranza: da un lato gli atlantisti, dall’altro «le fascinazioni moscovite». Il Pd, con Piero De Luca, attacca Salvini accusandolo di «minare la credibilità internazionale dell’Italia» e di rendere complicate perfino le missioni istituzionali del ministro della Difesa negli Stati Uniti.
Il Movimento 5 Stelle, invece, punta sulle conseguenze geopolitiche: per Francesco Silvestri e Bruno Marton, «solo gli oltranzisti bellicisti come Meloni e i suoi alleati europei insistono sulle armi». La proposta M5S è diametralmente opposta: inviare «un emissario europeo a Mosca» con un piano di pace concreto e «non più armamenti a Kiev».
La maggioranza, intanto, si prepara a gestire un nuovo passaggio delicato. Il governo è intenzionato ad andare avanti con il dodicesimo pacchetto di aiuti, ma la frattura interna torna a emergere con forza. E il caso corruzione a Kiev è diventato il terreno su cui Salvini e Crosetto misurano, ancora una volta, due visioni opposte della guerra e della postura internazionale dell’Italia.


