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President Donald Trump, left, and Italy's Prime Minister Giorgia Meloni speak during a meeting with Ukrainian President Volodymyr Zelenskyy and European leaders in the East Room of the White House, Monday, Aug. 18, 2025, in Washington. (AP Photo/Alex Brandon)
L'Europa balla al ritmo imposto da Donald trump e a Giorgia Meloni va bene così. La musica della Casa Bianca le piace per molte ragioni. Premia il suo ruolo con la sostanziale accettazione della strategia ideata dall'Italia sul fronte delle garanzie di sicurezza per l'Ucraina, l'unico argomento di cui si sia parlato in modo più approfondito a Washington.
La genuflessione dei leader europei, inoltre, allontana lo spettro di una rottura del capo occidentale, il più temuto in assoluto dalla premier italiana che intende sfruttare quanto più possibile il ruolo di ponte sull'Atlantico. Se lo è attribuito in realtà da sola, ma con il tacito e non sempre tacito assenso di Ursula von der Leyen. Ma Trump sta al gioco: nella conferenza stampa alla Casa Bianca ha voluto l'italiana vicina, le ha dato la parola per seconda, tra i leader europei, dopo Merz ma prima di Macron e Starmer, annuiva vigorosamente alle sue parole.
In realtà qualche punto di dissenso, pur se tenuto volutamente in understatement, a Washington e di nuovo ieri nell'intervista del presidente americano a Fox News è emerso. Il presidente degli Usa, con una di quelle giravolte repentine che lo distinguono, ritiene ora possibile trattare anche senza il cessate il fuoco.
Merz e Macron hanno invece citato chiaramente la necessità prioritaria del far tacere le armi. Giorgia non si è unita al coro. Ha glissato in omaggio al vincolo con il tycoon. Ma anche l'uscita del cancelliere tedesco e del presidente francese era più spettacolo che sostanza. Zelensky, consapevole di non poter irritare l'uomo della Casa Bianca, ha glissato sul punto e se è disposto a incontrarsi con Putin lui nonostante continuino a vadere le bombe, le proteste dei due leader di Germania e Francia sono destinate a restare lettera morta.
Ieri, poi, Trump ha assicurato che gli Usa non interverranno mai ' Boots on the Ground' in Ucraina, neppure come forza di pace. Ma ha aggiunto che invece proprio quella è l'intenzione di Francia, Germania e Uk. Lo scoglio è però meno difficilmente superabile di quanto sembri. Una missione europea senza il semaforo verde della Russia è letteralmente inimmaginabile nel contesto di un percorso verso la pace. Ma se quel semafor verde ci sarà, e dunque se la missione di pace sarà decisa dall'Onu, l'Italia non avrà difficoltà nell'aderire a una spedizione alla quale per ora resta contraria.
Infine Meloni, come tutti in Europa, torna da Washington soddisfatta perché spera che uno ' spiraglio di dialogo' si sia aperto davvero. Nulla di più di uno spiraglio, sia chiaro. Il capitolo affrontato a Washington, la sicurezza, non è affatto semplice. La Russia ha già messo sul tavolo la sua richiesta di garanzie contro la Nato. Ma è pur sempre una trattativa più facile di quella sulla cessione di territori.
A Roma sanno perfettamente che immaginare un ritiro di Putin dalle terre che ha occupato sarebbe del tutto irrealistico. Sperano però che lo zar, in cambio di una serie di contropartite tra cui il corridoio per la Crimea, accetti di spartire le terre che hanno davvero valore, quelle con il sottosuolo prezioso. Su questo capitolo, ancora tutto da aprirsi, in Europa convivono tendenze opposte. Soprattutto il muscolare Macron mira a puntare i piedi. Ma l'Europa, in questa partita, è condannata a restare comprimaria. Se Zelensky accetterà la cessione di territori, nessuno in Europa azzarderà una critica. E la posizione di Zelensky dipende non dal negoziato con gli europei ma solo da quello con Donald Trump.
Su quel fronte l'Italia si trova in una posizione effettivamente delicata. Se l'Ucraina si irrigidirà Roma sarà al fianco di Kiev e di tutta l'Europa. Se Zelensky si dimostrerà ' flessibile', come auspica e come gli chiede l'americano ma anche come si augura senza poterlo ammettere la premier italiana, non ci saranno problemi di sorta. Dunque la premier è tornata dalla girandola di vertici di due giorni fa convinta di aver portato a casa una mano vincente, ma anche consapevole che la partita è ancora tutta da giocare.