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Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Marcello Smarrelli, curatore artistico, ed Eugenio Tibaldi, artista e ideatore dell’opera (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica) Foto Francesco Ammendola / Ufficio stampa Quirinale/LaPresse DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE
«La cultura è il terreno migliore, più alto, per costruire futuro, recupero e rinascita». Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo all’inaugurazione dell’istallazione permanente “Benu” di Eugenio Tibaldi presso la Casa circondariale femminile di Rebibbia a Roma.
«Abbiamo raccolto la testimonianza di tre alte espressioni di cultura: questa piece teatrale che conduce a Italo Calvino, la testimonianza dello studente che ha iniziato un percorso di cultura accademica e Benu. Tutte e tre queste testimonianze, queste manifestazioni di cultura – ha sottolineato il Capo dello Stato - hanno in realtà in comune il senso e il significato che Benu intende esprimere: la rinascita, il futuro, non soltanto la speranza, ma la certezza del futuro. Vorrei ringraziare il maestro Eugenio Tibaldi per l’opera. Avere collocato insieme il suo genio artistico ed essersi fatto interprete delle sensibilità artistiche delle donne di Rebibbia è stato un grande lavoro, è stato veicolo, strumento dei sentimenti, delle sensibilità, degli spunti artistici delle donne di Rebibbia, esprime volontà di rinascita, che è tipico della Fenice, appunto. E questa volontà è quella che viene indirizzata qui attraverso i percorsi culturali: l’arte, lo studio, il teatro, l’arte raffigurativa. Prima di entrare qui, ho avuto anche la testimonianza di un’altra forma importante, professionale, di attività di pasticceria, ma anche di cultura dell’alimentazione».
Il Capo dello Stato ha ricordato che siamo nel cinquantesimo anno dell’ordinamento penitenziario italiano «che è stato una svolta nella vita degli istituti penitenziari, con il rifiuto e il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità; con la riaffermazione, ben costruita e ben disposta e raffigurata, obbligatoria, del fine rieducativo della pena. E anche del progetto e della missione degli istituti di costituire, prevedendole, opportunità di socializzazione. Per questo», ha aggiunto Mattarella, i «contatti che vi sono – e ringrazio l’Università di Tor Vergata per l’iniziativa ormai ventennale di questo rapporto con l’attività artistica - queste attività, queste iniziative, fanno sì che gli istituti di pena non siano isolati dal mondo esterno, ma facciano parte, come è doveroso, del mondo esterno, del mondo della nostra Repubblica».
«Naturalmente – ha poi lamentato Mattarella - non si può ignorare che non dovunque è così, che vi sono istituti che hanno una condizione totalmente inaccettabile, in cui non vi sono attività simili. Occorre che questo messaggio, che viene dai cinquant’anni dell’ordinamento penitenziario italiano, venga raccolto, sviluppato e praticato. Per questo sono lieto di essere qui e ho trascorso questi momenti insieme a voi per sottolineare quanto siano importanti per il nostro Paese, per la sua società questi percorsi di coinvolgimento culturale, professionale, di prospettiva di futuro che vengono assicurati e sviluppati. E quindi complimenti ai due istituti, nell’ambito femminile e nell’ambito maschile, per quanto fanno».
L’opera Benu rimanda a una creatura mitologica egizia, antesignana della Fenice, simbolo millenario di rinascita. Si tratta di un progetto di arte partecipata, promosso dalla Fondazione Severino e dalla Fondazione Pastificio Cerere, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, con l’obiettivo di riconoscere alle donne detenute uno spazio di espressione, di racconto e, soprattutto, di rinascita. Attraverso il disegno, le partecipanti hanno elaborato simboli, storie personali e aspirazioni, contribuendo in modo attivo alla costruzione dell’opera.
L’opera, che ha avuto il patrocinio del dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e del ministero della Giustizia-dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, si compone di due fenici alte oltre otto metri, che si accendono ogni sera grazie all’energia prodotta attraverso cyclette collegate a un sistema elettrico. Visibili anche dall’esterno, le immagini sono frutto di un anno di lavoro tra incontri, ascolto e laboratori artistici, durante i quali le detenute hanno disegnato simbolicamente pregi, fragilità, ferite e desideri di trasformazione. Tibaldi ha trasformato questi contributi in un’opera che rappresenta un autoritratto collettivo e porta un messaggio di rinascita e speranza a chi vive la condizione detentiva.
Nel corso della cerimonia di inaugurazione sono intervenuti Stefano De Michele, capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria; Nadia Fontana, direttrice della Casa circondariale femminile di Rebibbia; Paola Severino, presidente della Fondazione Severino; Alessia, detenuta che ha partecipato al laboratorio sull’opera; Marina Formica, professoressa di Storia moderna presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e coordinatrice del progetto “Università in carcere”; Nicholas, detenuto della Casa circondariale maschile di Rebibbia Nuovo complesso e studente del Programma universitario.
Al termine dell’evento, detenuti ed ex detenuti della Casa circondariale maschile di Rebibbia hanno eseguito una performance teatrale tratta da un brano dell’opera “Le città invisibili”, di Italo Calvino. L’Università in carcere di Tor Vergata, nata nel 2006, è stata la prima realtà del Lazio a garantire un percorso accademico stabile ai detenuti. Nel tempo il progetto si è ampliato con pubblicazioni, laboratori e collaborazioni culturali, accompagnando la crescita costante degli studenti. Il progetto di docu-teatro nato dall’esperienza ventennale dei Laboratori d’arte in carcere. Si ispira all’opera di Italo Calvino in occasione del 40/mo anniversario della scomparsa dell’autore.


