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ENRICO COSTA POLITICO
Il riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione non può «essere ritenuto, di per sé, indice di sussistenza di responsabilità disciplinare a carico dei magistrati che abbiano richiesto, applicato e confermato il provvedimento restrittivo risultato ingiusto». Risponde così il ministro della Giustizia Carlo Nordio, interrogato dal deputato di Forza Italia Enrico Costa e dal collega Davide Bellomo. I due parlamentari avevano chiesto conto al ministero del reale impatto del monitoraggio sui procedimenti per ingiusta detenzione, in particolare rispetto alla responsabilità per danno erariale. Che non sarebbe correlato ai soldi versati dallo Stato a chi ha subito ingiustamente una misura cautelare.
Dal 1992, lo Stato ha speso quasi 900 milioni di euro in risarcimenti, configurando un potenziale danno erariale, a dire dei due deputati, che si verifica quando un dipendente pubblico provoca un danno economico allo Stato. Tali risarcimenti derivano da provvedimenti restrittivi ingiustificati a carico di persone poi risultate innocenti.
Secondo un’indagine della Corte dei Conti del 2021 sulle ingiuste detenzioni nel periodo 2017– 2019, c’è stato solo un procedimento per danno erariale a carico di un magistrato a Salerno, per colpa grave. La rarità degli interventi della Corte dei Conti, secondo i due deputati, non sarebbe dovuta all’assenza di responsabilità, ma alla mancanza di segnalazioni da parte della pubblica amministrazione, nonostante l’obbligo normativo. Da qui la richiesta a via Arenula di rendere noto se il monitoraggio in corso serva solo a fini statistici o anche a individuare cause e responsabilità dei danni erariali da ingiusta detenzione e quante segnalazioni di danno erariale legato a risarcimenti per ingiusta detenzione sono state inoltrate alla Corte dei Conti.
Nordio, però, ha ridimensionato il problema. L’entità degli importi per riparazione per ingiusta detenzione nel 2024 è diminuita: sono stati spesi 26,9 milioni di euro, a fronte degli oltre 43 milioni sborsati nel 2019. Dati comunque «troppo elevati per uno Stato di diritto e impongono una necessaria riflessione afferma il ministro -. In un ordinamento democratico, chi è stato ingiustamente privato della libertà personale ha diritto a una congrua riparazione per i danni morali e materiali subiti. Riparazione che il nostro sistema riconnette anche ad ipotesi di custodia cautelare, accertata ex post come inutiliter data, sulla base di emergenze istruttorie modificate o smentite in sede dibattimentale». Ma si tratta di «uno strumento indennitario da atto lecito e non da illecito, diretto a compensare le ricadute sfavorevoli, patrimoniali e non, della privazione della libertà, attraverso un sistema di chiusura con il quale l’ordinamento riconosce un ristoro per la libertà ingiustamente compressa, indipendentemente dalla erroneità del provvedimento giurisdizionale posto a base della detenzione».
Non è, dunque, scontata la responsabilità disciplinare del magistrato. E «l’attento monitoraggio avviato dall’Ispettorato generale del Dicastero» sulle ingiuste detenzioni non avrebbe fatto emergere «alcuna correlazione tra i provvedimenti e gli illeciti disciplinari dei magistrati che ricordo sono regolati con decreto legislativo n. 109 del 2006». Tra il 2017 e il 2024, afferma Nordio, i procedimenti disciplinari si sono conclusi nell’ 88,7% dei casi con assoluzione e non doversi procedere: solo l’ 11,3% dei casi si è concluso con una sentenza di censura, ammonimento o trasferimento. Per quanto riguarda le segnalazioni trasmesse alla Corte dei conti dal ministero, «il sistema disciplinare consente di intercettare e sanzionare condotte censurabili molto prima ed indipendentemente dalla verifica dei presupposti per il riconoscimento della riparazione da ingiusta detenzione, fermo restando che per quanto di competenza del ministero della Giustizia le condanne per ingiusta detenzione vengono prontamente sottoposte al vaglio delle articolazioni deputate a valutare l’eventuale sussistenza dei profili disciplinari».
Una proposta che ha lasciato totalmente insoddisfatto Costa: nel periodo 2017- 2024, infatti, sono state 5933 le ingiuste detenzioni risarcite dallo Stato, per un totale di 254,5 milioni di euro. E a fronte di queste sono state 89 le azioni disciplinari avviate e solo nove condanne: lo 0,15% degli errori. Mentre le azioni disciplinari promosse dal ministro della Giustizia sono sempre più rare: si è passati dalle 22 del 2019 a zero nel 2024. «Dal ministero della Giustizia uno scudo impenetrabile per i magistrati che provocano arresti ingiusti, di persone poi assolte - conclude Costa -. Stessa posizione dell’Anm».