La temperatura nell’Aula del Senato è più infuocata di quella che si percepisce nelle strade assolate di questi giorni. A farla schizzare in alto la riforma costituzionale della separazione delle carriere, che ieri ha visto andare in scena prima uno scontro tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio e le opposizioni, e poi l’applicazione del famoso “canguro” agli emendamenti. Il tutto, paradossalmente, in un emiciclo quasi vuoto per le assenze nei partiti “azionisti” della maggioranza di governo, come ha sottolineato la vicepresidente dem di Palazzo Madama Anna Rossomando: «Per la maggioranza è la riforma delle riforme sulla giustizia, addirittura ’epocale’, ma non riescono neanche a garantire il numero legale».

Il copione di accuse reciproche comunque è sempre lo stesso. Da un lato il guardasigilli che, attraverso richiami a Tucidide, Pascal e Perry Mason, ha lanciato stoccate alle opposizioni e dato lezioni di storia. Dall’altra i partiti del centrosinistra che lo hanno praticamente accusato di essere un despota per non aver permesso di modificare una virgola nella riforma che porta il suo nome. Nordio, in particolare, ha ribadito che «non c’è mai stato dialogo, perché nessuno l’ha mai voluto. Lasciando stare Anm», ha spiegato, «che ha subito risposto con uno sciopero senza se e senza ma, senza alcuna interlocuzione, nemmeno le parti politiche si sono offerte di dialogare in questo senso, e io penso anche di sapere perché: eravate convinti che questa riforma non si sarebbe fatta».

Ha poi di nuovo assicurato che «il pm rimane indipendente», nonostante le previsioni fate dal sottosegretario Andrea Delmastro al Foglio, come gli hanno rinfacciato le opposizioni. Sul sorteggio, il titolare di via Arenula ha rimarcato che è necessario per fronteggiare «il verminaio», la situazione in cui «abbiamo visto essere finito il Csm, quando, sotto la direzione, peraltro non unica, di Palamara, ha fatto questo mercimonio, questa baratteria di cariche. Poi tutto è finito lì». Infine ha sostenuto che la magistratura «è sicuramente indipendente, e deve restarlo, dal potere politico», ma «non è affatto indipendente da se stessa: essa è vincolata da tutta quella matassa ingarbugliata di potere che si chiama correnti, per le quali i magistrati hanno il coraggio di manifestare in piazza, ma non hanno il coraggio di dire apertamente che sono favorevoli, per esempio, a provvedimenti come questo».

Sulla stessa linea il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri: «La riforma permetterà di «realizzare la separazione delle carriere e riformare finalmente un Csm devastato negli anni da scandali e lottizzazioni. Procediamo consapevoli di affrontare una riforma storica. Senza avere l’ansia delle ore, ma nella consapevolezza di un percorso che è stato proposto più volte negli anni e che continua ad avvicinarsi al traguardo».

Prima era stato il presidente del gruppo del Pd al Senato Francesco Boccia ad attaccare pesantemente Esecutivo e maggioranza: «Il Parlamento è ridotto a organo di ratifica, il dissenso è diventato sospetto, il diritto è visto come un ostacolo anziché garanzia: questa non è una stagione di riforme, è diventata una stagione di resistenza democratica». Ha parlato poi di «iter inaccettabile, forzato, anticostituzionale: la riforma è stata portata in Aula senza attendere la conclusione dei lavori in commissione». Sulla presunta mancanza di dialogo da parte delle opposizioni ha replicato prima il senatore di Avs Peppe De Cristofaro: «Alla Camera e al Senato, su tutti gli emendamenti che sono stati presentati a questa riforma da parte delle opposizioni, avete dato un numero di pareri favorevoli pari a zero: non era mai successo prima. Si renderà conto», rivolto a Nordio, «anche lei che questa cosa di per sé rappresenta un’anomalia».

Poi sullo stesso tema è intervenuta Dafne Musolino di Italia viva: «Da parte nostra c’è stato sempre spirito costruttivo, mai ostruzionistico. Non ci siamo mai opposti alle linee generali della riforma, che ci vedono d’accordo. Ma ci sono aspetti su cui abbiamo chiesto di essere ascoltati e questo non è avvenuto». Ad esempio «avevamo proposto il sorteggio temperato dei membri del Csm, e serviva un intervento sull’obbligatorietà dell’azione penale, sulla quale il ministro Nordio non ha detto nulla. Senza queste modifiche, la riforma rischia di non fare il bene dei cittadini».

Il partito di Matteo Renzi ancora non ha deciso se alla fine si asterrà sul provvedimento o voterà a favore. Comunque, quasi al termine della seduta d’Aula, quando si è iniziato a votare i primi emendamenti presentati alla riforma, la presidente di turno Licia Ronzulli, ha deciso di applicare, tra le proteste, il canguro, ossia la prassi che consente di votare le proposte di modifica raggruppando non solo quelle uguali ma anche quelle di contenuto analogo. La senatrice di FI ha spiegato che la presidenza stava applicando «le regole che da sempre sono confermate dalla Giunta del regolamento, Giunta che il 27 maggio 2025 ha deliberato di esprimere il proprio parere, dicendo che è facoltà della presidenza di avvalersi della cosiddetta regola del ‘canguro’ anche per l’esame dei ddl costituzionali». Siccome le polemiche di Pd, M5S e Avs non si placavano e c’era da svolgere il sindacato ispettivo, la seduta è stata sospesa: si riprende martedì 1° luglio alle 16.30.

Nel tardo pomeriggio di ieri la replica del presidente del ‘sindacato’ delle toghe, Cesare Parodi: «L’Anm ha cercato in tutti modi un proficuo confronto con il governo e le istituzioni, incontrando il ministro e gruppi parlamentari, e dimostrando un’assoluta apertura verso la soluzione di problemi fondamentali dell’architettura costituzionale del Paese». Il caso Palamara «è stato un caso scoperto dalla magistratura, e su cui la magistratura ha agito con durezza: prima della conclusione del processo che lo riguarda, l’Associazione nazionale magistrati lo ha espulso. Se il ministro è a conoscenza di altre circostanze, intervenga con immediatezza, utilizzando il potere disciplinare di cui è titolare».