In principio fu il patto Giani-Taverna in Toscana. È stata infatti quella firma del presidente uscente dem e ricandidato del campo largo sull’accordo di governo con il M5S la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza di Carlo Calenda, il quale ha detto chiaro e tondo che lui, in un alleanza in cui il Pd «si fa dettare legge» dal M5S, non ci sta.

Ma come lui la pensano anche diversi elettori di Iv, la cui base soprattutto in Toscana, culla del renzismo, è andata in subbuglio non appena è stata pubblicata la foto di Giani sorridente che stringe la mano all’ex presidente del Senato, quella del «dovete morire, fate schifo» e chi più ne ha più ne metta urlato agli ormai ex nemici del Pd ai tempi del grillismo duro e puro.

E così il leader di Iv Matteo Renzi si è sentito in dovere di intervenire per “tenere a bada” i suoi, e l’ha fatto, come di consueto, nella e-news. «Se crediamo nel bipolarismo è evidente che ci si debba alleare con compagni di strada anche lontani dalle nostre idee - esordisce l’ex presidente del Consiglio mettendo subito le mani avanti - Dall’altra parte, del resto, ci sono Vannacci, leghisti e complottisti vari NoVax lollobrigidiani: sono le regole del bipolarismo: capisco molto bene chi dice “eh ma rischiamo di annacquare il profilo riformista , di non contare dentro il centrosinistra”. Sì, è un rischio reale. Ma il modo per non farsi “annacquare”, amici cari, è solo uno: prendere i voti». Per Renzi dunque non è tanto una questione di programmi, di alleanze, di sostenere questo o quel candidato ma di far crescere il peso politico di Iv e dei riformisti, così da contrastare quello di M5S e Avs. «Lo dico a chi su Twitter annuncia sfaceli, a chi sui social promette rivoluzioni, a chi nelle chat grida il proprio disgusto - spiega - Gli equilibri della coalizione dipendono dai voti, non dalle chiacchiere. Se i Cinque Stelle e la sinistra radicale prendono il 10% e noi prendiamo l’1%, il problema è nostro, non loro. Se invece riusciamo a fare un buon risultato (come faremo, ne sono certo, non solo in Calabria e Toscana), allora la Tenda riformista diventa credibile. E decisiva per la vittoria alle Politiche».

E chiamando infine a raccolta i suoi e, parafrasando un regista che a Renzi piace molto, la base renziana non si deve disunire. «Adesso ci sono da fare due cose: eleggere consiglieri regionali decisivi e portare le idee dalla Leopolda al Paese. Punto. Tutto il resto è noia -chiosa il leader di Iv - Chi vuole un centrosinistra riformista ci dia una mano. Adesso. Chi abbandona il campo per la presenza di Cinque stelle e Avs regala il centrosinistra alla sinistra radicale e il Paese alla trimurti Meloni, Salvini, Lollobrigida».

Parole alle quali si è sentito in dovere di rispondere Calenda, il quale nella “tenda riformista” aveva intenzione di starci, almeno in Toscana e forse anche in Calabria. Almeno prima degli accordi Pd-M5S che hanno allontanato Azione dalla coalizione. «Il Terzo polo ha fatto la campagna elettorale per il rigassificatore di Piombino e contro il reddito di cittadinanza - scrive Calenda - Caro Matteo Renzi siamo in Parlamento perché gli elettori hanno votato questo programma non quello della Taverna, ad Azione tanto basta».

Nemmeno il tempo di girare la nota alle agenzie che arriva la replica di Iv. «Caro Carlo, da parte nostra nessuna polemica verso Azione - si legge nel profilo social del partito - Noi pensiamo che si debba costruire una casa comune del centrosinistra e che se stiamo tutti insieme i riformisti saranno più forti. Dall’altra parte c’è la destra sovranista che mette i dazi e blocca Industria 4.0. Nessuno di noi ha fatto polemica con le scelte di Azione o con le tue. Invitiamo i nostri amici nella nostra casa della Leopolda per lanciare proposte riformiste e idee per il futuro dell’Italia. Se siamo uniti le nostre idee saranno più forti. Se continuerai a dividere come con il Terzo Polo, sarà l’ennesima occasione persa».

Insomma, se dalla Puglia alla Campania il nome del candidato a presidente di regione del campo largo è ancora in alto mare, le scelte concordate tra Pd e M5S in Toscana, Marche e Calabria un risultato l’hanno ottenuto: far litigare (di nuovo), Renzi e Calenda.