Se la missione che si è data Palazzo Chigi è quella di evitare che la campagna referendaria scivoli su un crinale revanscista o da muro contro muro, appare sempre più evidente che dovrà puntare un faro sui movimenti di Forza Italia. Ieri, ad esempio, una conferma importante è arrivata dall'iniziativa che tutti i big azzurri hanno presentato alla Camera previa conferenza stampa. Un pellegrinaggio della memoria e dell'identità garantista, in cui è stata scelta una data simbolica per rilanciare la battaglia sulla giustizia.

Il 21 novembre 1994, mentre presiedeva a Napoli il vertice mondiale contro la criminalità, Silvio Berlusconi veniva raggiunto da un avviso di garanzia. Trentun anni dopo, gli azzurri hanno trasformato quell’anniversario nella “Giornata della giustizia negata”, che sarà celebrata con una serie di iniziative diffuse sul territorio. E Antonio Tajani, come già fatto subito dopo l’approvazione definitiva del ddl Nordio in Parlamento, ha tracciato un filo rosso che lega la vicenda del Cavaliere a quella di Enzo Tortora, simbolo storico della malagiustizia: «Era un liberale colto e raffinato, finito in manette davanti alle telecamere e morto poco dopo il proscioglimento», ricorda il leader forzista, rilanciando la proposta di rendere il 21 novembre la “giornata della giustizia giusta”.

La scelta non è solo commemorativa: è un tassello strategico nella campagna referendaria sulla separazione delle carriere, che Forza Italia intende impostare facendo parlare le vittime della malagiustizia. Dai comitati per il Sì – guidati da Enrico Costa e Pierantonio Zanettin – emergeranno “frontmen” scelti tra coloro che hanno subito processi mediatici e giudiziari considerati distorsivi. Uno di loro sarà Marco Siclari, ex senatore azzurro assolto in appello dopo una condanna in abbreviato: episodio che, spiegano i promotori, dimostra quanto «il collateralismo tra pm e giudici» possa incidere sulle vite, sulle carriere e sulla reputazione. Paolo Barelli insiste sulla natura non punitiva della riforma: «Non è contro qualcuno, ma per garantire un giudice davvero terzo». Francesco Paolo Sisto affonda sul versante mediatico-giudiziario: «Berlusconi apprese l’avviso di garanzia dalla prima pagina di un quotidiano: un meccanismo che negli anni ha mostrato tutto il suo potenziale distorsivo». 

Ma dietro l’enfasi identitaria degli azzurri, resta un punto politico delicato. A Palazzo Chigi non nascondono timori su una narrazione tutta giocata sul conflitto con le toghe, che rischia di riaprire ferite del passato e di ridare fiato agli argomenti dell’antiberlusconismo militante. Il governo vorrebbe tenere fuori i partiti dai comitati e concentrare la campagna sul merito tecnico della riforma e sui benefici concreti per i cittadini, evitando che il referendum si trasformi in un regolamento di conti tra politica e magistratura. Ma smussare l’istinto identitario degli orfani del Cavaliere, almeno per ora, appare un’impresa quasi impossibile.