La tensione politica sul tema del fine vita torna a crescere dopo che il Consiglio dei ministri ha impugnato la legge sarda sulle procedure e i tempi per l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Un provvedimento atteso, ma esplosivo, che ha immediatamente acceso lo scontro tra Governo, opposizioni e mondo delle associazioni, riportando al centro del dibattito i confini dell’autonomia regionale e il vuoto normativo che ancora grava sui diritti delle persone gravemente malate.

Per l’Associazione Luca Coscioni, la strada scelta dal Governo rappresenta un passo indietro. Filomena Gallo e Marco Cappato definiscono la legge sarda «un atto di civiltà e responsabilità», sottolineando come applichi le indicazioni della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo e garantisca tempi certi per i cittadini. L’impugnazione viene letta come una «scelta ideologica e priva di fondamento giuridico», un modo per bloccare sul nascere percorsi già avviati da altre Regioni, Toscana compresa.

Il Governo, nella nota ufficiale, sostiene l’opposto: la legge «esula in via assoluta dalle competenze regionali» e invade ambiti riservati allo Stato, dall’ordinamento civile e penale alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Una contestazione netta, che richiama gli articoli 117, lettere l) e m), della Costituzione e rivendica il perimetro delle competenze statali in materia sanitaria quando incidono su diritti fondamentali.

Lo scontro politico si amplia a Montecitorio e Palazzo Madama. Dal Movimento 5 Stelle arrivano attacchi durissimi: la senatrice Sabrina Licheri accusa il Governo di aver trasformato il tema in «un’arma di distrazione di massa», mentre i parlamentari delle commissioni Affari sociali definiscono la scelta dell’esecutivo «l’ennesima vergogna di una destra retrograda», incapace – dicono – di affrontare il vuoto legislativo più volte segnalato dalla Consulta. «Prima promettono una legge nazionale, poi si impantanano in rinvii e bozze irricevibili», affermano.

Duro anche il giudizio del Pd. Il deputato Silvio Lai parla di un atto che «va oltre il conflitto istituzionale» e che lede «il diritto fondamentale all’autodeterminazione». Secondo i dem, la legge sarda non crea nuovi diritti, ma protegge chi si trova in condizioni di sofferenza estrema, evitando che famiglie e pazienti affrontino percorsi incerti o siano costretti a emigrare.

Di segno opposto la reazione di Fratelli d’Italia in Sardegna. Il consigliere regionale Corrado Meloni parla di «record di leggi impugnate» imputabile alla giunta Todde e accusa il centrosinistra di produrre «provvedimenti inutili e pericolosi», sacrificando – sostiene – la reale emergenza: il collasso del sistema sanitario regionale. Per FdI, la legge sul suicidio assistito è un atto ideologico, che ignora priorità più urgenti e rischia di introdurre percorsi senza ritorno.