Finiti gli eterni totoministri, la lista dei ministri fedelissimi dentro il
governo Meloni è quasi pronta. Stavolta i nomi non arrivano dagli spifferi delle redazione o dai retrobottega dei ministeri. La lista dei ministri in pectore arriva infatti dalla serissima Nomos.
Ministri dell'economia
Antonio Tajani e Matteo Salvini vicepremier; Fabio Panetta, Domenico Siniscalco o Daniele Franco all'Econonimia. E poi il fedelissimo Guido Crosetto o l'orfano leghista di Mario Draghi, Giancarlo Giorgeotti, allo Sviluppo economico. Infine il redivivo Giulio Tremonti al ministero del lavoro o delle politiche sociali.
I ministri chiave: interni, difesa ed esteri
La sfida per il ministero dell'Interno è ancora un campo di battaglia. Matteo Salvini no ha nessuna intenzione di mollare il Viminale, ma la premier in pectore in pectore Meloni pensa ad altro: ed ecco che spuntano i nomi di Pecoraro, Piantedosi e Giannini. Al ministero degli esteri la futura capo del governo pensa ad uno tra: Antonio Tajani, Elesabetta Belloni e Giulio Terzi di Sant'Agata. Nomi pesanti e fedelissimi a Giorgia Meloni anche alla difesa dove rispunta il nome di Guido Crosetto insieme a quelli di Ignazio La Russa e Adolfo Russo. Tutti e tre di Fdi.
Giustizia, una poltrona per due ministri
La casella del ministero della
Giustizia è ancora conteso tra Giulia Bongiorno e il fedelissimo di Meloni, Carlo Nordio. Ma nella battaglia di via Arenula possono ancora inserirsi i nomi di Paolo Sisto oppure Andrea Delmastro Delle Vedove. Insomma, il ministero della giustizia è ancora una partita del tutto aperta. E nella quale si giocherà l'indirizzo della politica giudiziaria del governo Meloni.
Salvini al ministero dell'agricoltura
Se proprio Salvini non dovesse prendersi il ministero degli Interni - non è certo un fedelissimo di Meloni - , potrebbe decidere di prendere il ministero dell'agricoltura. Una ripiego che però consentirebbe al governo meloni di avere ministri fidatissimi di Giorgia nei ruoli chiave dell'esecutivo. Salvini potrebbe accettare la carica di ministro all'agricoltura perché gli consentirebbe di gestire la sua comunicazione in modo del tutto libero e senza dover rendere conto a Meloni