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PIERANTONIO ZANETTIN POLITICO
Nel piccolo giallo sul fine vita il finale non è ancora scritto. Un “testo condiviso” dalla maggioranza è ancora possibile, anche se il quadro è complicatissimo e la partita si gioca a carte coperte. Qualcuno tira un sospiro di sollievo: meglio nessuna legge che una cattiva legge, si sussurra fuori dal Palazzo. Dentro, invece, sono tutti a volerla. Almeno a parole. Perché a destra c’è anche chi farebbe volentieri a meno di una norma, nella speranza che un nuovo orientamento della Consulta tolga dall’imbarazzo il Parlamento.
Al momento, però, l’imbarazzo c’è eccome. E lo dimostra l’incidente politico avvenuto al Senato martedì scorso, proprio nel giorno in cui la Corte Costituzionale sollecitava per l’ennesima volta il legislatore ad occuparsi della materia. Il set in cui si è consumato lo scontro è il Comitato ristretto di Palazzo Madama, al quale i relatori Pierantonio Zanettin di Forza Italia e Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia avrebbero dovuto presentare un testo unificato. Che però non è mai esistito, o non esiste più: non è dato saperlo.
Ciò che sappiamo è che il presidente della Commissione Affari Sociali, il meloniano Francesco Zaffini, si è presentato per la prima volta al Comitato per spiegare che prima di adottare una bozza bisogna sciogliere alcuni nodi. Uno riguarda le cure palliative, sulle quali si era previsto un percorso obbligatorio come requisito aggiuntivo per accedere al suicidio assistito. Un quinto criterio, oltre ai quattro stabiliti dalla Consulta. L’altro intoppo, invece, riguarda il ruolo del Servizio sanitario nazionale, che Fratelli d’Italia vorrebbe tenere fuori dai percorsi di fine vita. Ma con quali conseguenze, dal punto di vista pratico? Le perplessità trapelano anche dal centrodestra.
Mentre si fa strada l’idea che il “blitz” a Palazzo Madama non abbia a che fare con il testo: un’intesa si può sempre trovare, dicono da Forza Italia. Il vero ostacolo arriverebbe da Palazzo Chigi, come sospetta qualcuno. Con un’anima dentro il centrodestra che starebbe cercando di bloccare ogni tentativo di legiferare a colpi di rinvii e sedute a vuoto.
Rieccoci al punto: chi è che non vuole una legge? Ufficialmente i movimenti pro vita, così come Simone Pillon. Anche se non è un mistero, dice una fonte, che sia il sottosegretario Alfredo Mantovano a “frenare”.
Certo è, fanno notare dal centrodestra, che il presidente del Senato ha già calendarizzato: si va in Aula il 14luglio. Ma con quale testo? È qui che entra in scena il senatore del Pd Alfredo Bazoli, relatore nella scorsa legislatura del testo approvato alla Camera e naufragato con la caduta del governo. Il dem ha ripresentato lo stesso testo, che per altro è l’unico a poter approdare in Aula senza mandato al relatore perché ha la firma di un terzo dei senatori.
Dopo la fumata nera nel Comitato, che Bazoli considera ormai più che «fallito», lo stesso senatore non nasconde la sua frustrazione di fronte a una maggioranza spaccata e propone di ripartire dai lavori in Commissione, adottando il suo testo. «Il comitato si è riunito sei volte, sei volte in cinque mesi, e non è riuscito a produrre nulla. Ora è ridicolo mettersi ancora a parlare di nodi generali senza avere davanti un’ipotesi su cui lavorare», ragiona il dem. Il fatto è che il centrodestra non sarà disposto ad accettare la sua gentile offerta. Come ammette anche Zanettin: «Il Comitato ristretto nasce proprio perché nessuno dei testi in Commissione era considerato
adeguato. La speranza era quella di licenziare un testo base, ma ora continuiamo a lavorare. Sappiamo che è un percorso complicato».
Non solo perché la politica si incarta sui temi etici. Ma perché la “libertà di coscienza” lasciata al singolo parlamentare rende la partita in Aula prevedibile, ma non del tutto scontata: c’è sempre la possibilità che il testo di Bazoli ci arrivi, e che dai banchi del centrodestra qualcuno decida di votarlo. Perché lo chiedono i pazienti che vivono sofferenze intollerabili e lo chiede la Corte Costituzionale, che ha regolamentato l’accesso al suicidio assistito con la sentenza numero 242 del 2019, la storica “Cappato/ Dj Fabo”.
Ancora la Consulta si è pronunciata per due volte sul requisito del “trattamento di sostegno vitale”, con la sentenza 135 del luglio 2024 e la numero 66 di martedì. Ma l’attesa adesso è tutta per la decisione della Corte che dovrebbe precedere l’Aula: quella sulla legge della Toscana, prima Regione in Italia a dotarsi di una norma sul fine vita, che il governo ha deciso di impugnare rivendicando le competenze. Se i giudici “legittimeranno” quella legge, le Regioni andranno a ruota libera. In caso contrario, l’esecutivo potrà ancora sottrarsi dall’impegno che gli ha scippato?