Tutto come previsto. Il governo ha deciso di impugnare la legge sul fine vita approvata dalla Toscana, prima Regione in Italia a dotarsi di regole chiare per l’accesso al suicidio assistito in assenza di una norma nazionale. Lo ha fatto sapere oggi il Consiglio dei ministri, che ha dato anche una motivazione: la legge «esula in via assoluta dalle competenze regionali e lede le competenze esclusive dello Stato in materia di ordinamento civile e penale e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nonché il riparto di competenze in materia di tutela della salute e della ricerca scientifica e tecnologica, violando l'articolo 117, secondo comma, lettere l) e m), e terzo comma, della Costituzione».

A dirimere la questione sarà dunque la Consulta, che si esprimerà sul conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni. In merito a un argomento sul quale i giudici costituzionali hanno già impresso il proprio parere, fissando limiti e criteri precisi. La stessa legge toscana, la n. 16 del 14 marzo 2025, arriva infatti sei anni dopo la storica sentenza 242 del 2019, la cosiddetta Antonio/Cappato sul caso Dj Fabo, con la quale la Corte ha reso legale l’accesso al suicidio assistito quando siano soddisfatti quattro requisiti: che la richiesta arrivi da un malato affetto da una patologia irreversibile, che sia capace di autodeterminarsi, che reputi le proprie sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Nodo, quest’ultimo, sciolto con la sentenza 135 dello scorso luglio, con la quale la Consulta ha allargato il campo di chi potrà richiedere la morte volontaria e ha invitato ancora una volta il legislatore ad occuparsi del tema.

Il Parlamento, finora, non ci è mai riuscito. E la legge toscana, che di fatto non “crea” un nuovo diritto, si limita ad attuare i requisiti della Consulta definendo tempi e procedure certe. Si tratta della proposta di legge di iniziativa popolare promossa dall’associazione Luca Coscioni con la campagna “Liberi Subito”, che dopo l’iter in Commissione Sanità era stata approvata a maggioranza dal Consiglio regionale lo scorso febbraio. La norma prevede sei articoli e stabilisce per le aziende sanitarie locali l’istituzione di una Commissione per la verifica dei requisiti del paziente che sia composta da un medico palliativista, uno psichiatra, un anestesista, uno psicologo, un medico legale e un infermiere. Con la stessa legge si definiscono anche i tempi di risposta: la verifica deve concludersi entro venti giorni, e in caso di esito positivo, nei successivi dieci vanno indicati il farmaco e la modalità di assunzione.

Un regolamento, dunque, che però era stato accolto come una “fuga in avanti” da parte della maggioranza, che nel frattempo sta lavorando a un proprio testo sul fine vita. È la proposta di legge di cui sono relatori i senatori Pierantonio Zanettin di Forza Italia e Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia. La bozza presentata lo scorso marzo al comitato ristretto delle Commissioni Giustizia e Sanità del Senato prevede due articoli: il primo ribadisce che «il diritto alla vita è un diritto inviolabile ed indisponibile, determinato dall’assenza dei valori fondamentali sui quali si fonda la Carta Costituzionale della Repubblica». Il secondo articolo aggiunge un quinto requisito a quelli stabiliti dalla Consulta, prevedendo che il paziente da cui arriva la richiesta sia già inserito in un programma di cure palliative.

«Stiamo lavorando con il senatore Ignazio Zullo per predisporre un testo base da presentare alle commissioni. I tempi sono maturi per una proposta che parta da quei principi enunciati a inizio marzo che stiamo dettagliando», ha fatto sapere oggi Zanettin. «L’idea è andare avanti ma serve cautela perché sono materie delicate e di certo non può essere un testo blindato – ha aggiunto -. Procediamo con la velocità consentita dal bisogno di un consenso che deve necessariamente essere ampio».

Le opposizioni avevano già aperto al dialogo. A partire dal dem Alfredo Bazoli, relatore nella scorsa legislatura del testo naufragato con la caduta del governo, che ora riserva al centrodestra una risposta glaciale: «Dalla maggioranza solo parole e niente fatti», ha commentato il capogruppo Pd in commissione Giustizia al Senato. «La verità è che non c’è nessuna proposta in campo, il comitato ristretto non è stato più convocato e l’ipotesi di cui il centrodestra ha parlato a inizio marzo si è inabissata in una palude da cui non emerge nulla». «È vergognosa l’inerzia in cui la maggioranza ci obbliga a rimanere - ha chiosato Bazoli - e troppe volte in passato ci sono arrivate promesse di sviluppi poi naufragate davanti a divisioni interne della maggioranza, che tiene in ostaggio la discussione».

Le cose rischiano dunque di complicarsi, con le polemiche sollevate dall’annuncio del governo. Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, è stato il primo ad esprimere «profonda delusione». «È paradossale che, invece di lavorare su una legge nazionale attesa da anni, il Governo scelga di ostacolare chi si è impegnato per attuare quanto stabilito dalla Corte. Difenderemo con determinazione la nostra legge, certi di aver agito nel rispetto della legalità, della Costituzione e, soprattutto, delle persone», ha aggiunto il governatore del Pd. Per il quale «questa legge rappresenta un atto di responsabilità istituzionale e di rispetto verso le persone che affrontano sofferenze insopportabili». «La nostra normativa – ha aggiunto - è stata elaborata in attuazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019, che ha indicato la necessità di colmare un vuoto legislativo in materia di suicidio medicalmente assistito. In assenza di una legge nazionale, la Toscana ha scelto di dare risposte concrete ai cittadini, nel pieno rispetto dei principi costituzionali».

Il Movimento 5 stelle ha bollato la scelta del governo come «medievale, gravissima e inaccettabile». Per Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, «ricorrendo contro la nostra legge di iniziativa popolare “Liberi Subito”» approvata dalla Regione «il Governo dell’autonomia differenziata fa ricorso per impedire l’esercizio dell’autonomia esistente». Il punto, per ora, va alle associazioni Pro vita, che mercoledì si erano recate a Palazzo Chigi per consegnare «le oltre 31mila firme raccolte con una petizione popolare rivolta al Governo affinché procedesse con urgenza con l’impugnazione della legge».