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Spada / Lapresse 09-04-2014 Milano cronaca Tribunale di Milano Delitto di Galasco : si apre il processo di appello bis con rito abbreviato a carico di Alberto Stasi , a quasi sette anni dall'omicidio di Chiara Poggi. nella foto: Alberto Stasi
Mentre si attende per venerdì prossimo la ripresa dell’incidente probatorio del “Garlasco-bis” alla ricerca di tracce di dna sui reperti sequestrati nella casa di Chiara Poggi, la corte di Cassazione conferma la semilibertà del condannato Alberto Stasi, messa in discussione da un ricorso della procura generale di Milano.
Forse lui non si era neppure reso conto di aver fatto qualcosa di trasgressivo, quel 30 marzo quando, approfittando di un permesso premio per “motivi familiari”, era invece andato a rilasciare una lunga intervista al programma Le Iene. Comprensibile, per chi si è sempre dichiarato innocente per quel delitto del 13 agosto 2007, il desiderio di essere protagonista proprio nella trasmissione condotta da coloro che hanno creduto in lui e l’hanno sempre difeso. Ma le regole sono regole, aveva detto la procura generale di Milano, presieduta da Francesca Nanni, lo stesso magistrato che era riuscita, quando era a Cagliari, a strappare dal carcere l’innocente Beniamino Zuncheddu con la revisione del processo, ma che ha presentato ricorso in Cassazione per far revocare a Stasi la semilibertà da poco conquistata. Che comunque era seguita al permesso di lavoro esterno, che gli consentiva in ogni caso una boccata quotidiana di libertà. E quella sarebbe comunque rimasta.
Buona notizia, comunque. Anche perché non era quello il solo problema che si trova oggi ad affrontare l’ex fidanzato di Chiara Poggi, colui che per la giustizia italiana è il suo assassino “oltre ogni ragionevole dubbio”, e che si è già visto respingere due richieste di revisione del processo e due ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Dal 2016, subito dopo la sentenza definitiva di condanna, con la sua famiglia e i suoi difensori Alberto Stasi sta lottando, oltre che per la propria innocenza, per dimostrare la colpevolezza di altri.
Ha preso di mira prima di tutto Andrea Sempio, all’epoca diciottenne amico del fratello minore di Chiara, Marco, presentando per due volte denuncia alla procura di Pavia e per due volte portando a casa altrettante archiviazioni, su richiesta del pm, firmate da due diversi gip. La terza volta li ha favoriti la Cassazione, così è nato il “Garlasco-bis”, che vede indagato per l’omicidio Andrea Sempio, in concorso. Con chi? Con Stasi, anche se i due dicono di non essersi mai conosciuti, perché sarebbe stato impossibile, per l’accusa, escludere dalle indagini un condannato per lo stesso delitto. Ma anche con altri, per ora sconosciuti.
La procura di Pavia, subentrata a quella di Vigevano che condusse le prime indagini diciotto anni fa, e il suo nuovo dirigente Fabio Napoleone, magistrato che deve la propria notorietà alla Tangentopoli della provincia milanese degli anni novanta, paiono crederci. Tanto da fare anche qualche passo falso nella comunicazione. Lo ha rilevato in un’interrogazione al ministro Nordio il capogruppo di Forza Italia nella commissione giustizia della Camera, Tommaso Calderone. Il quale, non solo ha denunciato il fatto che questa inchiesta somigli sempre più a una “telecronaca”, ma ha anche denunciato la gravità del fatto che la procura il 21 maggio scorso abbia diffuso un comunicato stampa con la “rivelazione” dell’attribuzione a Sempio di una certa impronta digitale. Quella sull’intonaco del muro che non c’è più e che non ha rivelato tracce di sangue. Il ministro dovrebbe attivare l’attività ispettiva, sollecita il deputato Calderone, anche in vista di un’eventuale azione disciplinare nei confronti di chi ha diffuso quel comunicato.
Va detto che finora ai difensori di Stasi, Giada Bocellari e Antonio De Rensis, non è andata molto bene, con l’incidente probatorio disposto dalla gip di Pavia, Daniela Garlaschelli. Dalle prime due sedute, che si sono tenute a Milano negli uffici della Polizia scientifica di via Fatebenefratelli, non è stata trovata traccia di sangue da nessuna parte. Soprattutto sui 30 dei 34 fogli dattiloscopici con la raccolta delle impronte già esaminati. E non è stato trovato sangue soprattutto in quella traccia, la numero 10, sulla porta d’ingresso della villetta, su cui la difesa di Stasi aveva chiesto e ottenuto fosse ripetuta, perché individuata come quella dell’assassino.
Ma sta crollando soprattutto l’ipotesi, su cui ancora di recente in una trasmissione l’avvocato De Rensis ha battuto e ribattuto, della presenza di più persone in casa con Chiara la mattina del delitto. È stata esaminata e riesaminata la spazzatura che, dal 13 agosto del 2007, era rimasta sequestrata insieme all’intera casa per otto mesi. C’erano i resti dei cereali che Chiara stava mangiando sul divano davanti alla televisione accesa quando qualcuno aveva suonato e lei aveva aperto dopo aver disattivato l’allarme. Erano le 9 e 12 minuti del mattino. E c’era un sacchetto azzurro di plastica usato come pattumiera, che conteneva anche i cartoni delle pizze che la ragazza e il fidanzato Alberto avevano consumato la sera prima.
Io ho bevuto birra, quella sera, aveva detto lui. Ma quel che conta, ha insistito a lungo la sua difesa, è chi c’era la mattina del delitto, e lo si vedrà dalle tracce di dna su tutti i reperti di quella piccola pattumiera. Ed ecco i risultati: il dna di Chiara era su un piattino di plastica, sul sacchetto che conteneva i cereali, sulle due vaschette di Fruttolo e sul sacchetto-pattumiera. Ma di chi era il dna trovato sulla cannuccia di una confezione di Estathè? Di Alberto Stasi. Evidentemente bevuto al mattino, dal momento che la sera prima aveva bevuto birra, che meglio si concilia con la consumazione di una pizza.
Come la mettiamo, ora, con l’ipotesi del delitto di comitiva? Ci si è messo anche un settimanale scandalistico a inventare una sorta di complicità di Marco Poggi, con la falsa notizia di una sua assenza dal luogo di montagna dove era in vacanza con i genitori il drammatico 13 agosto. Le riviste di questo genere fanno il loro mestiere, ma quel che è grave è che qualcuno vada loro dietro. Tanto che sono costretti a rispondere alla bufala gli stessi genitori di Chiara e Marco, con un’intervista a Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano, in cui ovviamente smentiscono le fantasie sadiche di qualche perdigiorno.
Ma colgono anche l’occasione per ricordare che quando, nel corso dei processi, l’avvocata di Stasi, Giada Bocellari, sciorinava insinuazioni sulla vita di Chiara, Alberto non si è mai ribellato, non l’ha mai difesa. E non ha mai avuto il coraggio di dire “non l’ho uccisa io”. Loro sono convinti della sua responsabilità nel delitto. Hanno comunque aperto le porte della loro casa alle nuove indagini. Mai avrebbero immaginato, diciotto anni dopo, di dover non solo rivivere la tragedia che ha cambiato loro la vita, ma anche di dover difendere la propria famiglia e la memoria della vittima, dal battaglione di un rinnovato circo mediatico-giudiziario.