Era l’ultimo grande test elettorale prima delle Politiche del 2027, salvo il referendum sulla giustizia che però, in quanto tale, non interessa le coalizioni e i singoli partiti al loro interno. E proprio per questo la vittoria del campo largo in Campania e Puglia (con la sconfitta in Veneto) permette al campo largo di pareggiare il conto delle Regionali di quest’anno, dopo la vittoria del centrodestra in Calabria e Marche e quella del campo largo in Toscana. E di rivendicare la bontà di un’alleanza che la segretaria del Pd Elly Schlein ha sempre cercato, testardamente cercato come per sua stessa ammissione, e che forse sta cominciando a dare i suoi frutti, nonostante differenze abissali su temi fondamentali come la politica estera ( ci arriviamo).

Ma intanto sia Schlein che il presidente M5S hanno gioito per un risultato, quello campano, che era sì atteso ma forse non di queste dimensioni, con l’ex presidente della Camera Roberto Fico che ha staccato ampiamente il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, riproponendo in Regione l’alleanza che già governa a Napoli.

Tema sottolineato dagli stessi Schlein e Conte che si sono precipitati nel capoluogo partenopeo, spiegando come attraverso l’unità delle opposizioni il centrodestra a guida Giorgia Meloni si può battere. Il problema è come. Perché se su alcuni punti specifici che riguardano i singoli territori si può trovare un accordo anche tra acerrimi rivali, come erano l’ex presidente della Campania Vincenzo De Luca e il suo successore Roberto Fico, su temi di respiro nazionale e anche internazionale sarà certamente più complicato.

Sul nazionale, se sul potenziamento della sanità pubblica così come sulla necessità dell’introduzione di un salario minimo Pd e M5S sono sulla stessa lunghezza d’onda, è la possibile modifica della legge elettorale a scaldare gli animi evidenziando fratture difficilmente ricomponibili. I principali dirigenti del Nazareno si sono infatti subito scagliati contro la volontà di cambiamento del sistema di voto da parte del centrodestra, spiegando che Meloni vuole modificarla perché ha capito che stante la legge attuale il centrosinistra unito ha buone possibilità di vincere. Dunque tutti a remare compatti verso al difesa del “Rosatellum”? Neanche per sogno, visto che i loro omologhi M5S si sono affrettati a dire questa legge elettorale va modificata e che un proporzionale puro sarebbe

la soluzione migliore, ma senza candidato premier, indicazione che invece Meloni vorrebbe inserire. «Così prendiamo due piccioni con una fava», ha detto il capogruppo M5S alla Camera Riccardo Ricciardi sapendo che anche la questione della leadership rischia di far deragliare il treno unitario del campo largo da qui al 2027. Ma se la legge elettorale è in fin dei conti una questione prettamente politica che interessa relativamente gli elettori, è sulla politica estera che invece emergono le divergenze più forti tra Pd e M5S, e non solo. Lo stesso Ricciardi ha spiegato che non solo il Movimento è contrario all’invio di armi all’Ucraina, come del resto Avs e, dal lato governativo, la Lega, ma è contrario anche al ReArmUe, il piano della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che punta a consolidare le Difese dei 27 Paesi dell’Ue. Il che stona con la linea ufficiale del Pd, con la segretaria Schlein che pochi giorni fa ha criticato il “piano” proposto dagli Stati Uniti per la pace in Ucraina, pur non essendosi ancora mai recata a Kyiv come suggerito da diversi esponenti del suo partito e come fatto da importanti figure del centrosinistra in Europa, ad esempio il premier spagnolo Pedro Sanchez. Questioni, e differenze con il M5S, ricordate dai tanti esponenti riformisti dem in piazza a Roma domenica in sostegno dell’Ucraina, assieme ad Azione, Iv, Più Europa e Forza Italia.

Se sulle questioni di fondo Schlein e il Pd, che nelle intenzioni di voto sono nettamente superiori al M5S, riusciranno a far prevalere la propria linea come Giorgia Meloni e FdI sono riusciti a fare in questi anni con la Lega, allora la riproposizione dell’alleanza vincente in Campania, Puglia e altrove sarà possibile. Altrimenti, il centrosinistra si troverà di fronte all’ennesima accozzaglia che più volte in passato ha sbattuto contro il muro eretto dai singoli partiti. Prodi docet.