Il centrodestra incassa un’altra vittoria netta, e questa volta la conquista arriva dal profondo Sud, con una nuance decisamente azzurra. Roberto Occhiuto, governatore uscente e volto di Forza Italia, si conferma alla guida della Calabria con un risultato schiacciante: il presidente uscente si è attestato attorno al 58 per cento, staccando di più di 15 punti il candidato del Campo Largo, Pasquale Tridico, fermo attorno al 42, e il suo partito, FI, arriva primo.

Una débâcle per il “padre” del reddito di cittadinanza, che aveva tentato di tradurre in consenso elettorale l’eredità simbolica della misura bandiera del M5S, trasformata invece dagli elettori in un bilancio politico fallimentare. La vittoria calabrese porta così la maggioranza al 2-0 dopo il successo, appena una settimana fa, del meloniano Francesco Acquaroli nelle Marche. Due regioni molto diverse, due elettorati lontani, ma un messaggio comune: il centrodestra tiene mentre l’opposizione continua a inseguire. E, soprattutto, la politica nazionale e le tensioni internazionali – dal conflitto in Medio Oriente al dibattito sull’Ucraina – non hanno avuto alcun impatto sulla scelta dei cittadini, che hanno espresso il proprio voto in base a considerazioni locali, premiando la percezione di stabilità.

A livello politico, balza agli occhi l'exploit di Forza Italia, che si impone come primo partito in assoluto nella Regione con un risultato superiore al 17 per cento, mettendo in riga sia Fratelli d'Italia che la Lega, ferme entrambi a circa il 10 per cento. «Il successo del presidente Occhiuto è il successo di Forza Italia e del centrodestra unito. Evidentemente nulla di esterno ha influito sul voto dei calabresi», ha commentato il vicepremier Antonio Tajani, che rivendica il trionfo come un segnale diretto al resto della coalizione. «La vittoria di Forza Italia e di Roberto Occhiuto – ha scritto sui social – è la vittoria del centrodestra unito, per la Calabria e per la sua gente».

Dopo mesi di dominio politico di Fratelli d’Italia e della leadership nazionale di Giorgia Meloni, dunque, la Calabria offre a Forza Italia il suo “momento di gloria”, consolidando il suo ruolo di forza moderata indispensabile della coalizione, anche se la Lega tiene e può trarre elementi di soddisfazione anche da questa prova, che si annunciava non favorevole. Un dato politico che non sfugge a Matteo Salvini, che ha voluto celebrare la vittoria come «grande risultato per il centrodestra», contrapposto a chi «protesta, devasta le città e attacca le Forze dell’Ordine».

Ma è proprio nel linguaggio del leader leghista che si coglie la diversa prospettiva delle forze in campo: se Salvini preferisce richiamarsi agli eventi di piazza e punta sul contrasto tra “ordine” e “caos”, Meloni rivendica la prova di affidabilità di governo. «Anche in Calabria gli elettori hanno riposto la loro fiducia nella coalizione di centrodestra, confermando Roberto Occhiuto presidente della Regione – ha scritto la premier sui social –. Un risultato importante, a riconoscimento dell’azione di buongoverno che continueremo a portare avanti per il benessere del territorio e dei cittadini».

Sul fronte opposto, nel centrosinistra, il tono è quello del day after. «È il dato di una sconfitta dura», ha ammesso il deputato dem Nico Stumpo, cercando di salvare almeno il valore unitario della coalizione. Ma la verità è che, per il Campo Largo, la sconfitta calabrese riapre tutte le ferite già evidenti nelle Marche. Là il candidato progressista Matteo Ricci aveva attribuito il proprio tracollo all’inchiesta giudiziaria che lo aveva investito all’inizio della campagna elettorale.

In Calabria, invece, Occhiuto si è trovato nella condizione opposta: ha rilanciato, ha chiesto elezioni anticipate e ha chiuso la partita con una legittimazione. Gli elettori non si sono fatti condizionare dalle vicende giudiziarie, ma hanno scelto la continuità amministrativa. È un elemento che peserà, e molto, nella prospettiva del referendum sulla riforma della giustizia previsto per la prossima primavera, e il fatto che il partito normalmente associato al garantismo abbia trionfato non è un segnale da sottovalutare.

Il centrosinistra, stretto fra la prudenza del Pd e il giustizialismo del M5S, si ritrova prigioniero di un identikit che convince sempre meno l’elettorato. I grillini restano tiepidi verso i candidati dem, vissuti come “di sistema”, e gli elettori cominciano a guardare con sospetto chi sventola ancora il vessillo delle manette. In Calabria, come già nelle Marche, ha vinto l'idea della continuità, senza altre considerazioni extra-politiche.

Per Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini, è un successo che pesa anche a Roma. La premier può rivendicare la stabilità della coalizione, Tajani la forza dei moderati, Salvini almeno la coesione del fronte. Ora è facile intuire che la strada per l'accordo di coalizione sui candidati unitari alle prossime prove elettorali regionali è decisamente in discesa, e che verosimilmente la quadra potrà essere trovata entro la prossima settimana.