Francesco Acquaroli è stato rieletto presidente delle Marche, Regione che passò al centrodestra cinque anni fa dopo decenni di dominio del centrosinistra e che dunque ora si riconferma saldamente nelle mani della maggioranza di governo.

Una vittoria forse più netta del previsto, visto che le Marche sembravano essere l’unica regione davvero contendibile tra quelle al voto in questa tornata elettorale d’autunno. E invece Acquaroli ha sfondato la soglia del 50 per cento, lasciando Matteo Ricci più di cinque punti indietro. «Gli elettori hanno premiato una persona che in questi anni ha lavorato senza sosta per la sua regione e i suoi cittadini - ha commentato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni - Sono certa che continuerà nel suo impegno con la stessa passione e determinazione».

A poco è servita dunque l’insistenza con la quale negli ultimi giorni di campagna elettorale l’ex sindaco di Pesaro, oggi eurodeputato e candidato del centrosinistra, aveva inserito nella propria campagna elettorale la questione mediorientale, sventolando la bandiera palestinese sul palco e promettendo che in caso di vittoria avrebbe riconosciuto lo Stato di Palestina al primo consiglio regionale utile.

Nelle scorse settimane si è parlato molto anche di sanità, infrastrutture e lavoro, temi molto cari al campo largo e al Pd di Elly Schlein ma che evidentemente non hanno fatto presa sull’elettorato. E proprio il Pd è il grande sconfitto di queste elezioni, con un risultato che al momento oscilla poco più del 20%, al di sotto delle aspettative soprattutto dopo il buon risultato delle Europee dello scorso anno. Male anche il resto della coalizione, con M5S e Avs ben al di sotto della doppia cifra.

«I marchigiani hanno scelto la continuità, sapevamo che era una battaglia complicatissima e ho accettato con grande spirito di servizio - ha detto Ricci commentando la sconfitta - Voglio ringraziare tutti i leader del campo largo che hanno dato il proprio contributo e auguro il meglio alla mia Regione». Ricci si è anche detto «amareggiato» per l’avviso di garanzia ricevuto a campagna elettorale in corso per la vicenda degli affidamenti al Comune di Pesaro negli anni da sindaco. «Ovviamente c’è anche amarezza per ciò che mi è successo personalmente: ricevere un avviso di garanzia in piena campagna elettorale mi ha colpito profondamente - ha detto -. Mi ha colpito profondamente la strumentalizzazione che c’è stata per almeno un mese sui media, in particolar modo dell’altra parte politica. L’hanno utilizzata fino in fondo e purtroppo qualche effetto l’ha avuto. Nonostante io sia completamente estraneo ai fatti e, sono convinto, ne uscirò completamente. Ma la campagna elettorale è andata così. Bisogna sempre aver rispetto per il lavoro che fa la magistratura, un po’ meno per coloro che l’hanno strumentalizzata».

Gongola invece il centrodestra, con Fratelli d’Italia che si conferma primo partito della regione, Forza Italia che chiude poco sopra la Lega e un buon apporto di voti che arrivano dalle liste civiche e centriste. Soddisfazione è stata espressa, oltre che da Meloni, anche dai suoi vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, in prima linea nelle scorse settimane per sostenere Acquaroli.

«I cittadini premiano il buongoverno del centrodestra, buon lavoro al rieletto Presidente Acquaroli- ha scritto Tajani - Fi con un ottimo risultato sarà ancora protagonista nella Regione Marche. Grazie agli elettori che hanno creduto in noi. Grazie a tutti i nostri candidati e militanti per il loro lavoro, sono orgoglioso di tutti voi».

Di «Forza Italia e centrodestra in ottima salute» parla invece il capogruppo azzurro in Senato, Maurizio Gasparri, secondo il quale quello dei forzisti «è un ottimo risultato, considerata la forza di Fratelli d’Italia e di due liste civiche vere». Gasparri sottolinea anche il risultato di FI in Valle d’Aosta (dove sia il centrodestra unito che l’Union Valdotaine hanno superato il 30% dei voti), il che «vuol dire che i nostri esponenti locali hanno ben lavorato».

Per Salvini «agli insulti e alle polemiche della sinistra, i marchigiani hanno dato una risposta chiara, mentre per il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi, «vince, come sempre, il buongoverno, la stella polare che guida l’azione politica del centrodestra».

Da sottolineare il dato dell’affluenza, che si ferma al 50%, circa dieci punti in meno di cinque anni fa, che il leader di Azione, Carlo Calenda, ha definito «ennesimo record». Per Calenda «il regionalismo è in crisi irreversibile. I cittadini sono stanchi di carrozzoni che funzionano male - soprattutto nella sanità - e costano tanto. Così il voto di opinione evapora, prevale quello organizzato e di conseguenza vince chi governa. La stessa cosa accadrà nelle altre regioni che andranno al voto nei prossimi mesi. Il regionalismo va scardinato, la sanità riportata al centro, le partecipate chiuse e i soldi dirottati verso i comuni. Finché non si farà questo l’astensione continuerà ad aumentare».